Facci

Non è abbastanza giustizialista. E per De Bortoli scatta il "processo"

Matteo Legnani

Il Corriere ha pubblicato una pagina pubblicitaria di solidarietà a Marcello Dell'Utri (pagata da alcuni amici di Marcello Dell'Utri, ovviamente) e ne consegue che l'Ordine lombardo dei giornalisti vuole processare il Corriere, cioè il suo direttore Ferruccio de Bortoli. Più nel dettaglio: il presidente dell'Ordine Gabriele Dossena - un simpatico signore coi baffi alla Clay Regazzoni - ha scritto che vuole «portare l'accaduto al prossimo Consiglio dell'Ordine» (scrivono anche male, questi burocrati del giornalismo) affinché intervenga il Consiglio di disciplina territoriale, perché è giusto che sappiate che esiste un Consiglio di disciplina territoriale dei giornalisti. E che dovrebbe fare questo consiglio? Questo: «Valutare in che misura la libertà di manifestazione del pensiero cada in apologia di reato o modalità imbarazzanti per il prestigio e l'etica del giornale», cioè il Corriere. Mica è finita. Dossena ha chiesto ufficialmente a de Bortoli di «spiegare a noi, ai lettori e ai colleghi i motivi di una simile decisione, non accompagnata da una presa di distanza che potesse ribadire la posizione del giornale», cioè il Corriere. Bene. Ci limitiamo ad osservare che: 1) Il presidente dell'Ordine lombardo dei giornalisti - ma questo è secondario - scrive come un maresciallo della Benemerita. 2) Il presidente dell'Ordine lombardo dei giornalisti soffre di una purtroppo diffusa sindrome di onnipotenza che gli ha fatto scambiare il pomposo «consiglio di disciplina territoriale» per la procura della Repubblica: se una banale pagina pubblicitaria sconfinasse in un'apologia di reato, infatti, sconfinerebbe in un reato perseguibile d'ufficio i cui confini giurisprudenziali non starebbe certo a Gabriele Dossena stabilire. Lo informiamo «per competenza», direbbe lui. 3) L'Ordine lombardo dei giornalisti non è l'Ordine dei giornalisti del Corriere, e benché il suo presidente Dossena - tu guarda - lavori al Corriere, e benché i giornalisti del Corriere si credano il centro del mondo, come dire: l'Ordine lombardo non è il comitato di redazione del Corriere, e neppure un qualche organismo di vigilanza interno al Corriere. Ergo - e perdonerà l'ardire poco professionale - «il prestigio e l'etica» del Corriere saranno anche cazzi del Corriere, non un problema morale e arbitrario di cui investire un Ordine che ha ben altri problemi. Se Dossena ha problemi con de Bortoli se la sbrighi con lui e lasci in pace l'Ordine: faceva anche ridere, ieri pomeriggio, che questo Gabriele Dossena, in veste di presidente dell'Ordine, facesse recapitare una lettera al direttore del Corriere e intanto stazionasse allo stesso Corriere alla redazione economia. 4) Una pagina pubblicitaria è una pagina pubblicitaria, merce peraltro sempre più rara: il cliente la paga e questa pagina può mostrare donne discinte, pannolini, orologi, acqua minerale o montascale per vecchi: non si è mai visto che un giornale ostentasse una qualche «presa di distanza» da una pubblicità, anche perché, semplicemente, non c'è vicinanza: è così banale che si fatica anche a spiegarlo. C'era forse la possibilità di confondere pubblicità e articoli? No, anche perché c'era scritto bello grande «avviso a pagamento». Tuttavia anche il comitato di redazione del Corriere ha giudicato «molto grave» l'accaduto, e ha detto che «sarebbe stato più opportuno rifiutare la pagina pubblicitaria». Bene, perché? 5) Infine la parte che dovrebbe essere più superflua: quella che appunto non comprende il problema. Sintesi: alcuni amici di Dell'Utri acquistano una pagina pubblicitaria in cui titolano «Al tuo fianco, Marcello» dove mettono tanti piccoli messaggi del suo autista, della sua segretaria storica, di vari lavoratori di Publitalia, e poi gente di una squadra di calcio, roba così, niente di politico né riferimenti giudiziari. Ha organizzato tutto la moglie di Dell'Utri. Ecco, qual è il problema? Dell'Utri è un galeotto, è stato condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa e si trova in carcere a Parma. È vietato o disdicevole solidarizzare con un detenuto? Neppure i suoi amici possono farlo? Si può farlo con un articolo o un'intervista, dunque, ma non con dei messaggi a pagamento? E perché, visto che nessuno in concreto l'ha ancora spiegato? di Filippo Facci