Santoro

Su La7 arriva Servizio Pubblico, ecco il Michele che ci piace: "Sì, sono un fesso"

Giulio Bucchi

Attenzione, Michele Santoro si è dato del fesso. No, purtroppo non è un guizzo di autocritica da parte del Teletribuno più famoso del giornalismo italiano, ma l'ennesima autocelebrazione, compiaciuta, che ha dato il là al ritorno "in chiaro" di Servizio Pubblico su La7 (ospiti Matteo Renzi e Gianfranco Fini, con intervista a Ruby Rubacuori). Il tradizionale monologo di Santoro inizia con una gustosa ricostruzione storica: è la fine del 1993 e viene contattato telefonicamente da Silvio Berlusconi, imprenditore con ambizioni politiche. Distratto saltuariamente dai collaboratori che gli chiedono di show televisivi e grane milaniste, il Cavaliere parla di politica con Santoro. Gran volpone, Michele gli butta lì la possibilità di una candidatura alle politiche del 1994: "Berlusconi mi diceva 'Segni è debole, non ha la forza di opporsi ai comunisti. Lei per caso è comunista?' - ricorda il giornalista - ma quando gli chiesi se avesse intenzione di scendere in campo se ne rimase stranamente zitto". Nel frattempo, Santoro gli illustrava i guai dell'Italia: "Manca il presidenzialismo, la riforma del Fisco, della giustizia, delle istituzioni. Io volevo dissuaderlo - sorride amaro - e invece lui nella sua testa aveva già deciso tutto: fare un partito, Forza Italia, diventare premier, comandare per anni. Aveva ragione lui". Ma giovedì 25 ottobre è il day after, Berlusconi ha mollato davvero: non si ricandiderà. "Oggi ho ragione io - ammette Santoro -, peccato che in questo paese la ragione è dei fessi". In fondo, Berlusconi in politica è durato 18 anni. Santoro in tv qualcuno di più. Neanche a farlo a posta, Michele ha detto di voler smettere di fare il conduttore alla fine di questa stagione. Non diteglielo: che lui e il Cav siano stati separati alla nascita?