La tattica dei "condor" della giustizia
Pur di abbattere Formigonile toghe si inventano il reato di "bella vita"
La voce che la procura di Milano è prossima a impallinare Formigoni gira nelle redazioni di cronaca almeno da gennaio di quest’anno, se non dall’autunno scorso. Così, quando il Corriere di ieri ha trionfalmente annunciato che il governatore lombardo era oggetto d’indagini, nessuno si è sorpreso: la notizia sembrava già vecchia. A liquidarlo per via giudiziaria ci avevano provato fin dal 2010, all’indomani delle elezioni, con la manfrina delle firme false per la presentazione delle liste. Un binario morto. Per essere certi del risultato, meglio seguire il metodo classico, affinato negli anni di Tangentopoli: prima s’individua il colpevole, poi si cercano (e all’occorrenza s’inventano) i reati a suo carico. Non importa se non si trovano o se non reggono in sede processuale: la macchina giudiziaria avrà comunque tempo e modo di stritolare il malcapitato. Le procure si muovono come un condor con le sue vittime: cominciano a girargli intorno da lontano e via via stringono il cerchio. Prima era finito in galera Grossi, che è dovuto morire per convincere i giudici d’esser malato. Da lui, però, non avevano cavato granché, come da lady Abelli. Poi è toccato a due ex assessori, Nicoli Cristiani e Massimo Ponzoni, entrambi in attesa di processo. Nonostante la galera, dalle loro bocche non sono uscite accuse al Celeste. Finalmente, in margine alla vicenda del San Raffaele, arrivano le manette per Pierangelo Daccò, seguito da Antonio Simone, personaggio di spicco all’interno di Comunione e liberazione. Con metodi degni di Guantanamo, Daccò è rinchiuso in carcere da sette mesi, quando dovrebbe essere già libero o, nel peggiore dei casi, agli arresti domiciliari: una forma di tortura, per indurlo alle ammissioni che consentirebbero di colpire il bersaglio grosso. Guarda caso, è anche suocero di Massimo Buscemi, fino a qualche mese fa assessore alla Cultura della Regione Lombardia. Tra un interrogatorio e l’altro, gli inquisitori hanno cominciato a raccogliere qualche elemento, che in un Paese civile dovrebbe finire nel cestino della carta straccia, ma non da noi: il reato, in fondo, è un accessorio di scarsa rilevanza. Quel che conta è rovinare la reputazione del futuro indagato, affinché l’opinione pubblica sia propensa a crederlo colpevole. La riuscita dell’operazione - anche questa è una lezione di Tangentopoli - è subordinata alla complicità dei giornali amici. Cominciano a girare le foto di Formigoni in esotici resort a spese di Daccò. Non c’interessa sapere se sia vero: il nostro codice penale ancora non prevede il reato di vacanze pagate. Il disegno è chiaro: suscitare il risentimento (e l’invidia) dell’italiano medio costretto a tirare la cinghia. L’operazione riesce a metà. Il condor giudiziario stringe il cerchio. Nei giorni scorsi appare su Repubblica la notizia che potrebbe configurarsi il finanziamento illecito ai partiti per alcune cene che Daccò avrebbe offerto al Meeting di Rimini. Benché le leggi si possano distorcere a piacimento, l’accusa si smonta: Cl non è un partito, ma un’associazione ecclesiale. Il fritto di paranza e lo spaghetto allo scoglio non bastano per aprire un procedimento. Gli anni Novanta non sono mai passati: ancora una volta tocca al Corriere alzare il tiro. L’accusa di giornata potrebbe riguardare un finanziamento illecito per la campagna elettorale del 2010. Se si legge bene l’articolo, non si capisce bene di che cosa si voglia accusare Formigoni: probabilmente non lo sanno neppure in procura. Ci stanno lavorando: bisogna che si sappia, così da accrescere la pressione politica e indurre alle tanto attese dimissioni. La Lombardia è la Regione meglio amministrata d’Italia. Il suo servizio sanitario è un modello a livello europeo. Le spese in rapporto agli abitanti sono le più basse. Se l’intero Paese seguisse il suo esempio, farebbe invidia alla Germania. Contro ogni evidenza, la si vuol invece far passare per corrotta e inefficiente, mentre il buon Vendola e la sua giunta, plurindagata e con la sanità al collasso, sono portati in palmo di mano. Sappiamo che le toghe e la sinistra considerano il centrodestra un errore della storia, ma ciò non basta a spiegare l’accanimento contro Formigoni, l’ultimo vero leader rimasto su piazza. C’è dell’altro. I signori che ispirano procure e giornali non vedono l’ora di spazzare via l’amministrazione lombarda, per spartirsi il ricco bottino di ospedali e infrastrutture. Non si fermeranno. di Renato Besana