Relazioni
Vittorio Feltri: E ora pure Conte bacia la pantofola della Merkel
E sette. Con Giuseppino Conte sono sette i nostri presidenti del Consiglio che si sono recati a Berlino a baciare la pantofola della cancelliera Angela Merkel. La intitoliamo Biancaneve, sia pur culona, e i sette nani. Ma non è una favola, è piuttosto la consacrazione di una sudditanza di cui non si capiscono le ragioni. Chi l' ha detto che i nostri premier debbano andare, come i vescovi dal Papa, in visita ad limina dalla Papessa? Non è scritto nella Costituzione, e neppure nei Trattati di Maastricht o di Lisbona. È una specie di rito di iniziazione cui avremmo sperato si sottraesse il primo presidente del Consiglio di un governo che si dice «del cambiamento»: sugli inchini e le prosternazioni invece domina il vecchio ballo dei servi della gleba. Nessun guizzo - Che noia, che barba. Ci saremmo aspettati un guizzo appena appena populista. Invece niente. Da quando c' è lei, Angela, la storia d' Italia è sintetizzabile, quanto a dignità internazionale, in questa serie di pellegrinaggi dalla Madonna luterana, bestemmiata dalle Alpi a Capo Passero, e poi oggetto di devozione persino comica da tutti i nostri premier appena insediati. Da quando nel 2005 Frau Merkel è arrivata al potere, il primo ad accorrere presso i suoi tailleur da Ddr è stato Gongolo Berlusconi, poi è venuto Pisolo Prodi, quindi è tornato Silvio, piuttosto mesto, al tempo in cui aveva finito i cucù. Ma costoro sono di un' altra epoca, e al cospetto di quelli venuti dopo, ci paiono roba di lusso, addirittura dei giganti. Vuoi con le barzellette vuoi con le omelie da curato gli eterni duellanti reggevano la scena, e non si prestavano a figurare come suoi paggi. Coi successori è invece stata una ripetizione da carillon con le belle statuine che fanno la riverenza alla regina. Dottolo Monti è stato il nano che più si è vantato. Ha dato di sé la definizione di «genero che le mamme tedesche vorrebbero avere», quindi ha lucidato l' argenteria del Reichstag, ed è rientrato in Italia come un Quisling o se si preferisce quale Regierungsbevollmächtigte (vuol dire plenipotenziario, ma va bene anche sicario). Per approfondire leggi anche: Vittorio Feltri, la profezia (nera) su Giuseppe Conte Su Eolo Letta (Enrico) non c' è molto da dire: è durato come un soffio di vento, il tempo di uno starnuto di commozione della Merkel all' idea di come possano essere bravini e ammodo i politici italiani. Quindi Brontolo Renzi. Le frasi della Merkel sono simili, durante il primo baciamano adorante, a quelle da Lei dedicate a Monti e Letta, ma persino più complimentose: «Sono rimasta veramente impressionata e stupita per i progetti di riforma del giovane presidente italiano». Matteo sdilinquito. Tg entusiasti. Renzi dopo qualche mese di presa per il culo anzi culone da parte della nibelunga ha cominciato però a brontolare, a picchiare i pugni sui tavoli contro i «tecnocrati di Bruxelles», a usare un linguaggio screanzato, ed è finito come si sa: la Merkel lo ha annegato nel catino. Le acque mosse lasciate dallo sprofondamento di Brontolo sono state chetate prontamente dal successore, Paolo Gentiloni. Chi è tra i sette nani? Ma certo, da mammoletta si è comportato sin dal primo incontro, dunque gli spetta il titolo di Mammolo. Il 18 gennaio del 2017 è corso a Berlino e ha ristabilito il lecchinaggio del gentiluomo di corte, ricevendo elogi e carezze, così da poter dire: «I rapporti tra Italia e Germania sono ottimi». Rapporti a 90 gradi, ovvio. Lei sarà inchiavabile, ma noi invece inculabili di certo. Gode chi può. Io no. Nanetto di fiducia - Da allora il conte Gentiloni Silveri è stato perfetto cicisbeo della Signora, suo ascoltato nanetto di fiducia. È così che una quindicina di giorni prima del fatale 4 marzo, Mammolo è corso da Biancaneve e le ha assicurato: «Nessun rischio di un governo populista dopo il voto». Infatti siamo al governo populista. Eccoci a Cucciolo Conti. Che paura deve fare alla Cancellierona, il pericoloso populista. Lo vediamo, compito, pettinato. Una figurina che sembra il fante di cuori, ma molto piccolo, il settimo nano. Secondo la favola, l' ottavo non c' è e Biancaneve fugge con il principe. Speriamo scappi con Conte. È così carino. di Vittorio Feltri