Il futuro di Forza Italia
Facci: "Il Cavaliere ha dato, sotto a chi tocca"
Ci sono due o tre cose da capire, ma una volta per tutte. La prima è che Berlusconi, il Berlusconi di una volta, non tornerà mai più: lotterà sempre come un leone, ma l’inagibilità politica di questo suo periodo è da considerare permanente, e poco importa se sarà colpa dei giudici o della natura. Berlusconi ha giocato le sue carte, ha avuto le sue chance e tanti italiani non lo rivoteranno o piuttosto si asterranno; non è una questione di invenzioni di marketing elettorale, così come gli elettori di Renzi probabilmente non ricordano neppure il suo programma di governo: e però gli credono, pensano che voglia e che possa fare, che abbia un disegno, una qualche idea di futuro. Gli danno del credito e del tempo: quello che Berlusconi non ha più. Ecco perché il Renzi di destra, per ora, resta Renzi. A destra un Renzi non può esistere, non può nascere, Forza Italia e gli scismatici di Alfano sono strutturati affinché non nasca mai niente del genere: Renzi si è fatto largo coi voti e a gomitate in faccia nel partito (ci ha messo sette anni) ma il problema è che nel centrodestra manca il partito, e chiunque denotasse delle qualità verrebbe affogato da piccolo nel laghetto di Milano Due. A destra serve un rottamatore, ed è poco credibile che Ncd e Forza Italia siano seriamente alla ricerca del proprio killer: in politica nessun vecchio aiuta un giovane a farlo fuori, e va da sé che tra i cooptati degli attuali partiti di centrodestra - fa eccezione il caso particolare di Fratelli d’Italia - non se ne salverebbe neanche uno. È anche inutile negare che responsabile di questo è ancora Berlusconi, consapevole della sua unicità e disinteressato a che la sua azione fosse invischiata da regole democratiche e congressi e primarie eccetera. È Berlusconi che ha disegnato il partito così, è Berlusconi che ha selezionato dei dirigenti e dei parlamentari spesso imbarazzanti (fa eccezione la primissima fase del 1994) ed è Berlusconi che non voleva che fosse cambiato il Porcellum affinché l’andazzo potesse proseguire, circondandosi di personaggi inesprimibili come Maria Rosaria Rossi e candidando yesman senza qualità. Quanto a Marina Berlusconi, la verità è già sulla punta della lingua di ciascuno: sono i re o i dittatori che incoronano i figli, e sono i cortigiani e la servitù che plaudono all’investitura. Marina Berlusconi è la figlia di Silvio Berlusconi, punto, è conosciuta come tale, punto, la massa degli italiani non conosce le sue qualità e neppure la sua voce. Potrebbe essere solo il ventriloquo di un Berlusconi che non si rassegni al tempo che passa, e non è escluso che alla fine vada così: ma questo non ha niente a che vedere con la necessaria rifondazione del centrodestra di cui parlava ieri il direttore di questo giornale. Una rifondazione che - a stretto parere di chi scrive - sarà fisiologicamente impossibile sinché Berlusconi non lascerà la scena. È quasi una legge fisica, i flussi politici sono incomprimibili e Berlusconi è troppo ingombrante: c’è il rischio di assistere soltanto a un centrodestra che declini proporzionalmente a lui (in realtà sta già succedendo da diversi anni) e che il centro-sinistra-destra renziano vada progressivamente a occupare tutto, schiacciando all’estremo un gruppuscolo di partitini di destra rotariana o gruppettara, antipodi dei grillini schiacciati dall’altra parte. Non pare un bello scenario, anche perché alla ricostruzione di una destra di governo si somma l’urgenza di ricostruire un’opposizione feconda: ultimamente non si è vista né l’una né l’altra, il centrodestra ha navigato a vista senza scorgere l’iceberg. Il quadro è fosco. L’affanno con cui alfaniani e berlusconiani si atteggiano ad aghetti della bilancia, in concreto, è un trascurabile solletico per un Pd sempre più autosufficiente. E Berlusconi, in concreto, non ha nessuna intenzione di abdicare. E si riparla di primarie. Di Marina Berlusconi. Di ricompattare i moderati. Di primarie. Di Marina Berlusconi. Di ricompattare i moderati. Ne hanno discusso lunedì sera, ad Arcore: perché Berlusconi è la risorsa, Berlusconi è il problema. di Filippo Facci