altro che buonisti

Milano, il Pd vuole aumentare l'Irpef: la richiesta al governo

Enrico Paoli

Parlare di addizionale comunale Irpef assomiglia un po’ agli indovinelli della settimana enigmistica, del tipo “chissà chi lo sa”. Ma se lo svolgimento del tema è cosa per addetti ai lavori, gli effetti pratici delle aliquote applicate, sono ben noti per le tasche degli italiani. Tanto che il Comune di Milano starebbe pensando di farla salire sino al massimo consentito (lo 0,9%, come per la Capitale che dispone di questo privilegio dal 2011). Perché si tratta di una montagna di soldi.
Nel 2024 il Comune di Milano ha incassato dall’addizionale Irpef 210 milioni di euro, mentre la previsione per il prossimo anno si aggira sui 220 milioni, con l’aliquota ferma allo 0,8%. Con il salto in alto dello 0,1%, portando il parametro allo 0,9% (spalmato su tutta la platea dei contribuenti), Palazzo Marino avrebbe un maggior incasso pari a circa 27 milioni di euro, pagati dai milanesi, ovviamente. E di questi tempi non si tratta certo di una cifra da sottovalutare, anche perché sarebbe nella piena disponibilità dell’amministrazione comunale.

MOSSA APPETITOSA
Che la mossa del ritocco dell’aliquota Irpef, per la giunta di centrosinistra del capoluogo lombardo, sia appetitosa lo dimostra la costante caccia alle risorse economico finanziarie da parte di Palazzo Marino, dovendo far brillare il proprio bilancio. L’oscillare come un pendolo fra le voglia matta del federalismo fiscale, declinato in salsa comunale, e l’aumento dei trasferimenti da parte del governo, soprattutto in materia di trasporto pubblico, sino ad oggi non ha prodotto risultati. Anche perché le risorse a disposizione del governo per le amministrazioni locali sono quelle che sono, e i miracoli non si possono fare. L’incremento dei residenti, invece, a partire da coloro che erano fuori per lavoro e ora hanno deciso di rientrare, o l’arrivo di cittadini stranieri stregati dalla città, invece sono fattori collegabili all’incremento dell’aliquota.

Meglio, quindi, andare a prendere i soldi dove si suppone vi siano, cioè nelle tasche dei contribuenti. E così la maggioranza di centrosinistra del Consiglio comunale di Milano ha depositato un ordine del giorno, legato al Bilancio di previsione 2025 all’esame dell’Aula, per chiedere «dal 2026 l’innalzamento della soglia di esenzione dell’addizionale Irpef, attualmente a 23mila euro». Per fare ciò, però, la maggioranza chiede al governo guidato dalla premier Giorgia Meloni, di estendere anche al Comune di Milano la possibilità di innalzare il limite massimo dell’aliquota Irpef comunale dallo 0,8% allo 0,9%, come già avviene a Roma, «per applicare l’aumento solo ai redditi più alti». Tecnicamente un beau geste, degno della miglior sinistra tasse e martello. Materialmente, però, una vera e propria stangata, servita con una bella dose di demagogia: prendo ai ricchi per dare ai poveri.

 

 

Innalzare la soglia di esenzione, di fatto, andrebbe ad agire su numeri molto ridotti, mentre portare l’aliquota allo 0,9% produrrebbe nuove entrate certe. Anche perché in base a quale ragionamento verrà deciso quali sono i redditi alti, i cosiddetti ricchi, da colpire? Tarando il ragionamento sulla soglia dei 50mila euro di reddito lordo, prendendo come quadro di riferimento il contesto nazionale, i ricchi sarebbero tanti, pure troppi. «L’obiettivo», spiega il consigliere comunale del Pd, Michele Albiani, primo firmatario della proposta, «è aiutare maggiormente i cittadini con redditi medio bassi e promuovere maggiore equità fiscale in un momento in cui il costo della vita pesa sulle famiglie». Secondo i firmatari, l’incremento dell’aliquota per i redditi più alti «non solo permetterebbe di compensare le perdite di gettito, ma consentirebbe di rafforzare le politiche di equità fiscale».

TUTTO DA CAPIRE
Un’equità fiscale tutta capire, visto che Milano applica tutti i limiti massimi previsti per tasse e contributi. Nel caso dell’aliquota Irpef vien da pensare che, anche in questo caso, il capoluogo lombardo stia inseguendo Roma, come sta facendo con la tassa di soggiorno applicata ai turisti. Nella Capitale di pagano 10 euro, a Milano 7, si noti la differenza. Non solo. Affezionati come siamo alla settimana enigmistica, è bene sapere che i comuni possono istituire un’addizionale all’Irpef fissando un’aliquota massima pari allo 0,8%, in base al decreto legislativo 360 del 1998. Le deroghe sono espressamente previste dalla legge, come nel caso del comune di Roma capitale il quale, dal 2011, può fissare un’aliquota massima pari allo 0,9%, ma devono essere chieste dai comuni all’esecutivo. Se Milano lo dovesse fare, e qualcuno sotto la Madonnina ci pensa davvero, il capoluogo lombardo aprirebbe la strada al rincaro fiscale, andando a mettere le mani nelle tasche degli italiani. Ma al netto del risultato, la battaglia sull’Irpef, giocata sul filo del ragionamento «Milano uguale a Roma», sarebbe comunque propedeutica per il capoluogo lombardo: se non mollate da una parte, sganciate dall’altra. E chissà chi lo sa...