Bestialità

Milano, gli antagonisti vogliono il morto: "Un nuovo caso Ramelli"

Massimo Sanvito

Un tempo le chiavi inglesi, oggi le bombolette spray. Ma sono sempre le stesse mani vigliacche a colpire dietro il paravento dell’antifascismo militante. E pure ignoranti. Un lenzuolo bianco con due date - 28 giugno 1945 e 13 marzo 1975 - esposto in piazzale Gorini a Milano, proprio a due passi dalla casa in cui abitava il militante del Fronte della Gioventù aggredito e ucciso da un commando di Avanguardia Operaia, per dare il «benvenuto» ai ragazzi di Blocco Studentesco (emanazione di Casapound) in occasione del presidio di ieri. Peccato che entrambe le date siano sbagliate. Intanto Benito Mussolini è stato ucciso il 28 aprile e non il 28 giugno; poi la data del 13 marzo 1975 non è la data della morte di Ramelli, ma quella dell’aggressione. Il giovane esalerà l’ultimo respiro il 29 aprile 1975, dopo un mese e mezzo di coma.

«Welcome to Milano Antifa», rigorosamente in rosso, si leggeva sullo striscione di certa matrice antagonista, rimosso qualche ora dopo. La memoria di Sergio è stata infangata nuovamente da chi non si è ancora accorto di non vivere più negli anni ’70. L’antifascismo, usato come scudo per giustificare le peggiori nefandezze, non può reggere davanti all’esaltazione della violenza che diventa sangue e poi morte. Eppure, tra Pd e compagni, nessuno si è sentito in dovere di condannare la vergogna di Milano. Come sono lontani i tempi di Sandro Pertini, il più sincero antifascista e del suo telegramma alla famiglia Ramelli per esprimere «commosso cordoglio» per la morte di Sergio, «vittima di un aggressione vile e criminale»... Un altro pianeta. 

 

Alla fine i militanti di Blocco Studentesco, nonostante la scia di polemiche dopo gli scontri di Bologna, sono comunque scesi in piazza per un doppio presidio statico (il corteo era stato vietato). Prima, in centro (piazza Missori), per protestare contro «il ricatto dell’ordine» perché «il modello politico e culturale antifascista è connotato da un vero e proprio atteggiamento mafioso, il quale si arroga il diritto di scegliere chi si possa esprimere e chi no»; poi, in periferia (piazzale Gorini), per dire «no alla riforma Valditara» tra fumogeni e tricolori.

Non sono mancati parallelismi sugli ultimi a dir poco difficili giorni dal punto di vista dell’ordine pubblico. «Milano sta diventando come tutte le grandi metropoli europee, una città con il sistema banlieue. Ciò che è accaduto in questi ultimi giorni è lo scenario che ci si prospetta nel nostro futuro. «A Milano le periferie possono bruciare, ma Blocco Studentesco non può fare un corteo libero», ha detto uno degli organizzatori dal palco. Milano è anche la città dove dopo cinquant’anni le solite mani vigliacche continuano a torturare i morti.