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Milano, un evento come a Valencia? "Qui sarebbe un disastro"

Marco Gregoretti

Se arrivasse a Milano la bomba d’acqua che ha devastato Valencia, come andrebbe a finire? «Che conteremmo i morti». Lo rivela a Libero una fonte interna alla Protezione Civile del Comune. Che aggiunge: manca un piano, l’unico documento che c’è è del 2012 e non è più valido. Un flash! Stavo percorrendo in auto il tunnel di viale Scarampo, a Milano. Quello che, quando piove, si allaga sempre. E ho avuto una “luccicanza” da paura. «Se dovesse verificarsi qui un evento come quello che ha colpito la Spagna, Valencia? Che fine farei? L’acqua quando arriva non ti dà scampo. Trascina via tutto. O hai una botta di c... o muori».

Chiedo ragguagli a una fonte all’interno della Protezione civile del Comune di Milano. Convinto che ne sarei uscito più tranquillo di quanto lo fossi nel tunnel di viale Scarampo. «Figurati Marco» pensavo «qui siamo nel cuore della sostenibilità, della lotta all’inquinamento, nell’eccellenza del green. Sarà tutto sotto controllo. Soprattutto la nostra sicurezza ambientale». Mi vien da ridere. Come scriveva il vecchio Carletto? «Non sempre la prassi segue la teoria». Qui siamo oltre. Leggete la risposta della mia fonte alla prima domanda: se arrivasse a Milano la bomba d’acqua che ha devastato Valencia, come andrebbe a finire? «Che conteremmo i morti. Non potremmo che fare la drammatica conta».

 

Il problema dei problemi, racconta a Libero l’operatore di Protezione civile del Comune di Milano, è che: «In realtà non esiste alcun protocollo aggiornato di emergenza e di sicurezza tra tutte le forze: Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco, Croce Rossa, Areu. In altri termini non siamo dotati di quanto previsto dalla legge, come obbligo che se non rispettato potrebbe portare a sanzioni penali per il sindaco e per l’assessore competente: il Piano di protezione civile del Comune». Mi sembra davvero clamoroso. Dal Municipio mi viene indicato un link. Né più né meno che il sito del Comune stesso. Alla voce Aree tematiche c’è anche “Protezione civile”. Ma si tratta di un elenco di informazioni generiche e legislative.

Nessuna risposta a questioni sempre più stringenti: come mi proteggete in caso di calamità naturali e che tipo di informazioni preventive mi trasmettete? Quali comportamenti devo adottare se vengo colto di sorpresa da un fiume di fango e di detriti? Chi mi viene a salvare? Ho fatto cenno a viale Scarampo. E che dire di via Negrotto?, del sottopasso Rubicone che va verso l’autostrada? «Tutte aree che monitoriamo e che in una frazione di secondo si allagherebbero, le automobili non riuscirebbero più a muoversi. E chi sta dentro... Lasciamo perdere», dice la nostra fonte prima di aprire il capitolo organizzazione e mezzi a disposizione: «Abbiamo 9 motopompe a scoppio da 2500 litri al minuto. Un nulla!

Non basta: nessuna è funzionante perché non è mai stata fatta manutenzione ordinaria». A Libero risulta che in sede ce ne siano solo due funzionanti da 6500 litri al minuto. Ma per muoverle servirebbero autisti con almeno la patente B+E. «Invece si spendono soldi per acquistare altri mezzi che non possono essere messi su strada perché, nonostante l’informazione fuorviante impressa sul libretto di circolazione, superano il peso di tre tonnellate e mezzo. Quindi per guidarle occorrerebbe la patente “c”. Siamo messi davvero male». Nel dettaglio, ha scoperto Libero, si tratta di una Rimessa 1056, da 99064,64 euro. È rimasta ferma per due anni per peso e dimensioni irregolari. Per alleggerirla hanno eliminato alcune componenti. Ma è al pelo: può viaggiare soltanto vuota. Discorso simile per la Rimessa 1055, da quasi 96 mila euro, che avrebbe dovuto funzionare da officina mobile: disallestita perché troppo pesante. Viene utilizzata come furgone da carico. Lo sfogo continua: «Sembra che per loro (sindaco e assessori ndr) contino solo le piste ciclabili, l’area c, l’autovelox...

Vuole sapere una cosa? Si ricorda la tromba d’aria che, nel luglio del 2023, a Milano tirò giù tutti quegli alberi? Lo sa che non riuscivamo a segare i rami perché lavoravamo con motoseghe vecchie e arrugginite? Quelle nuove arriveranno a gennaio del 2025. Un anno e mezzo dopo le nostre richieste. Gliene dico un’altra: hanno indetto l’appalto per le nuove tute da lavoro: ci stiamo dentro rigidi come baccalà». Stando alle disposizioni di legge il Piano di protezione civile dovrebbe essere approvato dall’intero Consiglio comunale, cioè maggioranza e opposizione, non soltanto dalla Giunta. E prevedere alcuni capitoli, oramai adottati di default anche da Paesi che noi guardiamo con la puzza sotto il naso, per informare i cittadini. Con particolare attenzione agli aspetti di prevenzione e di divulgazione.

«Ci sarebbe l’obbligo di informare la popolazione su eventuali rischi e di organizzare corsi nelle scuole. Dall’asilo in poi. Ma non si fa». Anche perché a quanto risulta a Libero l’unico documento che affronti la tematica, sempre più stringente visti i mutamenti meteorologici, è datato 2012. «Sì», conferma il nostro interlocutore. «Ma si tratta di un piano di emergenza vecchio e non valido. Primo perché non è stato approvato dal Consiglio, ma solo dalla Giunta. Inoltre non ha alcun valore legale in quanto basato su una legge abrogata. Era un piano di emergenza probabilmente buono per quei tempi. Ora è assolutamente inadeguato. Le fasce di rischio idrogeologico e sismico a Milano sono totalmente cambiate. Lo capisce anche un bambino».

La domanda, a questo punto, posta con un filino di ansia, è: se capita come a Valencia, finisco come a Valencia? Mi arrangio? Devo affidarmi all’incrollabile senso di sacrificio degli addetti? «Bella domanda», insiste il nostro uomo. «Anche perché la Protezione civile del Comune di Milano è a pezzi: in quattro anni sono andati via almeno dieci operatori. Stufi del modo di lavorare, dell’arroganza astratta di chi non sa le cose e non ascolta mai chi sta sulla strada a smazzarsi il lavoro e a cercare di salvare le persone». Dio ci aiuti e l’uomo della strada ci salvi.