Canoni sospetti

Affittopoli, il Tribulzio ci ricasca: case in centro a Milano in affitto a prezzi stracciati

Claudia Osmetti

La questione la solleva, in un’audizione al consiglio regionale della Lombardia, il commissario straordinario per il Pio Albergo Trivulzio, Francesco Paolo Tronca. Il Pat, la casa di cura di Milano che dal 1766 si occupa di anziani e persone in difficoltà, che pure non è estraneo a scandali, anche nazionali, anche epocali, come lo fu nel secolo scorso nelle prime battute di Tangentopoli e come lo è stato, più recentemente, con l’“Affittopoli” del 2011. Il tema, guarda caso, è lo stesso.
«Bisogna che si esamino anche le situazioni di non fragilità», dice Tronca.

Si sta riferendo agli affitti (calmierati) che garantisce l’ente, il quale dispone di un patrimonio immobiliare di tutto riguardo: 1.248 alloggi compresi quelli nell’hinterland meneghino, donati al Pat da privati cittadini affinché i più bisognosi possano avere un tetto sopra la testa. Fine meritorio, modalità un po’ meno redditizia: infatti circa il 30% delle case del Pat a oggi è sfitto, le casse del polo segnano un deficit di 3,7 milioni di euro per i canoni non pagati (con 200 lettere di sollecito al mese) e l’idea di Tronca è passare la palla alla società di investimenti Invimit (nonostante le proteste dei comitati degli inquilini).

 

 

 

La “palla”, in questa storia, c’entrerà di nuovo perché è lo stesso commissario per il Pat ad ammettere, giovedì, a Palazzo Lombardia, che ci sono contratti d’affitto «che sono la metà, un quinto, perfino un decimo di quello che dovrebbero essere. Per esempio», aggiunge, «case di pregio pagate 5mila euro l’anno». Si ferma lì, Tronca. La stoccata è sufficiente. Non entra nel merito né fornisce i nomi: ma oramai l’amo è gettato, la polemica in acqua e la pesca assicurata. È Repubblica che, per prima, sgrana i nominativi. Giuseppe Marotta, presidente dell’Inter, ecco il “pallone” che ritorna: affittuario di un appartamento a Brera di 75 metri quadrati che gli costa 19mila euro all’anno (il valore secondo l’Osservatorio del mercato immobiliare, però, dovrebbe attestarsi intorno ai 42mila euro, come minimo).

Pier Filippo Giuglioli, avvocato, professore di Diritto comparato alla Statale, presidente della costola milanese dell’Unione dei piccoli proprietari immobiliari: locatario di un appartamento di più di 200 metri quadrati per i quali sborsa 32.500 euro all’anno (ma che ne valgono almeno 72mila). Matteo Mangia, figlio di Rocco, altro legale meneghino: inquilino, ancora in centro, in un appartamento di 160 metri quadrati per i quali paga 13.600 euro all’anno (il valore dovrebbe essere 54mila euro).

Un famigliare di Vito Corrao, ex direttore sanitario proprio del Pat: 220 metri quadrati in zona Magenta, un canone di 5.100 euro annui e una stima di mercato di oltre 80mila euro. Messa così, certo, sembra la corsa agli sprechi. Con un retrogusto addirittura beffardo. Tuttavia qualche precisazione va fatta. Anzitutto, con la sola eccezione di Marotta, questi contratti sono in fase di ri-negoziazione. In secondo luogo, il meccanismo con cui il Pat assegna i canoni è un tantinello più articolato: la gara di bando tiene conto del reddito di chi partecipa perché l’affitto agevolato non è gratis et amore dei ma vincolato al doversi sobbarcare concordate spese di ristrutturazione che, ovviamente, variano da appartamento ad appartamento (nell’articolo qui a fianco ci sono i dettagli).

 

 

 

Detto questo, a Milano, è il centrodestra che non si lascia sfuggire l’occasione. Prima con il meloniano Riccardo Truppo («Immagino che Tronca presenterà presto una ricognizione di tutti i contratti in essere, degli immobili non messi a reddito, delle manifestazioni d’interesse ricevute durante il suo mandato: se ci fossero casi confermati di affitti troppo bassi, sarà necessario intervenire per riavvicinarci agli scopi etici e sociali che rappresentano la vocazione del Pat») e poi col leghista Samuele Piscina («Quella del Pat è una situazione che va avanti da decenni e che deve essere sanata, bisogna pensare anche e soprattutto alle famiglie a medio e basso reddito che vivono da tanto tempo in queste abitazioni e che non potrebbero permettersi l’acquisto o l’affitto di altri appartamenti visti i folli prezzi della città di Milano»).