Dopo il capodanno

Gianluigi Paragone: Milano si risvegli dall'ipnosi buonista

Gianluigi Paragone

Milano come Baghdad», abbiamo titolato ieri a Libero. «Per Capodanno roghi nelle strade e sassate alla polizia. A San Siro le forze dell’ordine spengono un falò in strada e vengono aggredite; in piazza si “festeggia” con pistole. Tensioni con la polizia anche in Duomo». Speriamo « non sia l’incipit del 2024. Una cronaca puntuale di quanto è accaduto il 31 dicembre, con un carico di dolore per chi ama questa metropoli. Come racconta la scrittrice Sveva Casati Modigliani, meneghina doc da diverse generazioni. «Vedere la città malridotta mi crea tanta malinconia», confida a Hoara Borselli. La signora dei romanzi attacca il sindaco Sala, chiede dove sia la politica. E soprattutto snocciola senza pietà spine ben note. «Gli scontri? C’era da aspettarselo».

Ecco, le parole di Sveva Casati Modigliani- residente dalle parti di corso Buenos Aires, la nostra Fifth avenue, lunghissima e un tempo elegantissima strada commerciale che attrae migliaia di persone ogni giorno - sono le stesse parole che puoi sentire all’Arco della Pace come in zona Duomo, in corso Como o zona Brera come in Porta Romana: la sicurezza, il senso del disordine, l’idea che quel che un tempo sapevi accadere nei pressi della Stazione Centrale ora si apre persino nei salotti buoni della città. Per non dire di quel che accade quando ci si allontana verso le zone più decentrate.

IPOCRISIA DA ZTL
C’è l’idea che le forze dell’ordine non ce la facciano più a stare dietro a questa marea di teppismo evidente e ululante: gli scontri diventano il manifesto del Tempo attuale, la Royal Rumble di ragazzini che si danno appuntamento per menarsi per il gusto di menarsi, con tirapugni, catene, bastoni a far da corredo alle griffe - vere o false - indossate come divisa della globalizzazione. Non c’è disagio sociale ormai, c’è la proiezione nel reale di quel che si vede nelle piattaforme e sui social; non c’è una rivendicazione identitaria quando il modello di scarpe, di pantaloni, di giubbetti e di borselli ti spingono a canoni modaioli e notevolmente cafonal di un Occidente ridotto a esibizione.

 



Milano diventa Baghdad perché nessuno si è accorto del momento in cui la città stava prendendo una pericolosa velocità. Era lì che si doveva intervenire con durezza, ma la zona Ztl ha fatto valere la sua “golden share” buonista e ipocrita: non dobbiamo avere paura, dobbiamo includere e aprire. È vero, Milano è inclusiva, è ambrosiana; ma qui stiamo parlando d’altro. Qui siamo a un passo da che le migliaia di Sveva Casati Modigliani chiederanno di alzare il livello di difesa contro chi attacca Milano e chi la abita. E allora si uniranno ai tanti cittadini non illustri che però animano comitati in difesa dei quartieri o non si rassegnano all’idea per cui il bullo vince. La sicurezza reale o percepita non è più un brusio, sta aumentando di livello.

L’ANIMA DELLA CITTÀ
Milano non è solo la metropoli dei grandi investimenti, la capitale italiana della finanza. Milano non può abbellirsi di palazzi firmati da architetti star o di aree riqualificate perché arrivano i fondi arabi. Milano è la Triennale, è Rai e Mediaset, è il Corriere della Sera; è la Scala; è la Moda, il Design, l’industria. Ma Milano resta una città con un’anima vera, di cittadini che la vivono con sacrificio, che la amano e meritano un sindaco che nel 2024 si dia una priorità: la sicurezza.