Spirale di violenza

Milano, Dennis massacrato: la sua colpa? Ha "disturbato" le ladre rom

Enrico Paoli

Come nel film degli anni Settanta di Giancarlo Cobelli, vien voglia di gridare «fermate il mondo, voglio scendere». Più che dal mondo, però, dai treni della metro di Milano, dove un “cacciatore” di borseggiatrici, armato solo di cellulare, è stato malmenato dalla scorta delle suddette ladre di professione. L’unica colpa del giovane Denis, un 20enne con il senso della legge dentro, è quella di aver immortalato l’attività delle delinquenti, tanto spregiudicate quanto aggressive. E proprio perché c’è chi ha ancora una coscienza civile, le donne si fanno accompagnare al lavoro da picchiatori professionisti. Per loro, le nomadi della metro di Milano, il lavoro è sacro e pure il posto dove esercitano.

Perché in quella commedia dell’assurdo che è diventata la Milano bella e solidale, governata da una giunta di sinistra impegnata a rendere sempre più green la città (nel senso che i milanesi sono sempre più al verde per quanto è diventato caro vivere sotto la Madonnina), chi prova a mettersi contro scippatori e spacciatori, borseggiatrici e truffatrici rischia grosso. Anche perché i body guard delle professioniste del furto con destrezza, a differenza del cacciatore di delinquenti, girano attrezzati di coltelli e bastoni. Una differenza sostanziale, dagli effetti pratici devestanti. Certo, ogni tanto questi soggetti vengono pure arrestati (sia chiaro: le forze dell’ordine svolgono un lavoro immenso, enorme, ma se le maglie della giustizia sono larghe, anzi larghissime, a vincere sono loro, borseggiatrici e guardaspalle), ma è come svuotare il mare con un cucchiaino. Servirebbe un Codice più rigido, con norme più stringenti e meno incline alla compassione per le povere ladre, mamme e borseggiatrici.
Perché è grazie a ciò che restano fuori.

 

Quanto a Dennis, dimostrazione vivente di quale sia il cortorcuito avvenuto a Milano, con gli onesti picchiati e malmenati e le ladre scortate per assicurare il bottino, il ragazzo fa parte dell’eletta schiera dei cosiddetti «angeli custodi» della metro, presenti sui vagoni a difesa di tutti coloro, stranieri e non, che a Milano utilizzano la metropolitana e i mezzi Atm. Ha vent’anni, Denis, e quando termina di lavorare al supermercato Eurospin, invece di andare a divertirsi come fanno molti ragazzi della sua età, si ritrova con altri suoi coetanei a bordo dei vagoni della sottorranea per avvertire i viaggiatori della presenza di borseggiatori, soprattutto donne, alcune di queste spesso incinte.

Domenica pomeriggio, verso le 17, mentre si trovava nell’area della fermata Duomo, Denis è stato selvaggiamente picchiato con calci e pugni dalle «guardie del corpo» di alcune borseggiatrici. Dopo essere andato all’ospedale Fatebenefratelli, è uscito con una prognosi di 30 giorni. «Perché adesso le borseggiatrici girano con quelli che loro stesse chiamano i loro bodyguard», racconta lo stesso Denis, confermando quanto scritto da Libero alcune settimane fa, denunciando la chiusura del cerchio: ladre scortate, cittadini indifesi. La ragazza che ha provocato l’aggressione è una sua vecchia conoscenza, racconta Denis.

 

«Salomeia, nota alle forze dell’ordine grazie alle nostre segnalazioni, aveva partecipato anche all’aggressione nei miei confronti dello scorso aprile. Uno dei ragazzi è suo fratello, e gli altri due uomini sono già noti alla Polizia». In pratica siamo oltre l’associazione a delinquere, siamo dentro alla catena di montaggio del furto, con gli operai e i capi reparto. Sociologicamente parlando, lo potremmo definire lo sfruttamento degli sfruttati da parte di sfruttatori senza scrupoli, pronti a tutto pur di non lavorare onestamente. Follia.

Ma l’aspetto peggiore di questa Milano al contrario è l’aver portato le linee della metro sull’orlo del baratro. Borseggiatrici e protettori si sono impradroniti di alcune linee della metropolitana, considerandole cosa loro: anzi eleggendolo a posto di lavoro. Come se fosse la normalità, quando non lo è affatto.

Intervenire, ora, appare sempre più complesso, considerando la legge tutt’altro che uguale per tutti in questo caso. «Io non riesco a girarmi dall’altra parte - dice Denis, ho visto quella signora che stava per essere derubata e mi sono messo in mezzo per aiutarla. Non so perché, mi sento di fare così. Voglio tentare di aiutare Milano, una città che in questo momento sicura non è». Di sicuro c’è soltanto il ribaltamento della prospettiva...