Al rallentatore
La giunta Sala vuole fermare la città: a trenta all'ora su tutte le strade
È che così Milano si ferma. Altro che capitale europea, città che "non dorme mai" (sulla falsariga di New York) e metropoli che viaggia a vele spiegate verso il futuro. Ma va. Qui, se va bene, si va avanti al rallentatore. Anzi, a trenta chilometri orari. Che poi è proprio uno dei (tanti) punti a cui sta mettendo mano la giunta di Palazzo Marino: aree a marcia ridotta, parcheggi a pagamento (per tutti), forse pure Area C che lievita fino ai dieci euro tondi tondi, nessuna rottamazione alle mini-cartelle e un tesoretto di multe non pagate che arriva al 45% di quelle emesse (cioè una su due finisce carta straccia e tanti saluti).
Primo: l'ipotesi di estendere a tutta l'area milanese il limite massimo dei trenta chilometri orari pare sia questione di giorni. Entro gennaio il Comune ne discuterà «con alcune eccezioni che dovranno essere studiate», dice il consigliere comunale della lista Sala, Marco Mazzei, e arrivederci. Non si sa quando e non si sa con che modalità, ma l'intenzione è proprio quella di rallentare il rallentabile. L'hanno già fatto altre città (vedi: Bologna), «ce lo chiede l'Europa» ed è «un provvedimento che può essere attuato quasi a costo zero».
Però poi vallo a spiegare ai milanesi che già faticano ad arrivare a fine mese, si sono ritrovati sul groppone anche il rincaro dei mezzi pubblici (il biglietto è salito a 2,20 euro: nessun altra amministrazione, in Italia, ha osato tanto) e con le limitazioni al traffico non riescono manco più a uscire dalla Cerchia dei Bastioni. Secondo: a marzo il Consiglio di Palazzo Marino spergiura di valutare la proposta di un ticket unico per poter parcheggiare sia sulle strisce blu che su quelle gialle. Il concetto è chiaro: anche i residenti dovranno pagare le soste. Terzo: la notizia è uscita due settimane fa (assieme a un report di Amat l'Agenzia per la mobilità, l'ambiente e il territorio, che sostiene: Area C, così come è stata impostata in questi anni, non serve a un tubo, ossia non fa da deterrente contro lo smog), ma vale la pena ritoccarla.
AREA C NEL MIRINO
Sono già state avviate le valutazioni del caso e, nel 2023, forse a partire da luglio, forse a partire da settembre, il biglietto potrebbe passare dai cinque euro attuali a 7,5 euro. O potrebbe addirittura raddoppiare e toccare i dieci.
Insomma: altro giro, altra stangata (e sempre per gli automobilisti). Quarto: il Comune di Napoli sta pensando allo stralcio delle mini-cartelle (che riguardano essenzialmente multe non pagate e la Tari, la tassa per i rifiuti, con importi massimi fino ai mille euro). Milano no. Giammai. L'ha già detto chiaro e tondo, assieme a Roma: se anche c'è tempo fino al 31 gennaio, se anche lo consente la legge di Bilancio, in Comune non se ne parla. E quinto: anche perché sul tavolo c'è una mole di sanzioni mai riscossa da far spavento, il 45% del totale, certo diminuita negli ultimi cinque anni (quando la percentuale era del 60), però, signori, di sicuro non briciole. In tutto questo parte la corsa (quella sì) al Pnrr, il piano per la ripartenza post Covid, sotto la scure dei ritardi e di mille incognite.
A Milano verranno investiti 249 milioni di euro per 350 nuovi autobus non inquinanti (ma nei prossimi tre anni) e 195 milioni di euro per quelli elettrici (idem). Un lavorone, persino auspicabile, e chi lo nega? Che tuttavia rischia di arrivare a regime solo nel 2030: e nel frattempo? «Questa città si sta trasformando sempre di più a immagine e somiglianza dei suoi amministratori che sono totalmente scollegati dalla realtà», dice il consigliere di Fratelli d'Italia, Riccardo Truppo, «Già adesso Milano è ferma, basta vedere quando piove per due ore di fila. E invece di trovare soluzioni efficaci, il centrosinistra batte il chiodo sull'urbanistica tattica. Guardiamo alla piazza di via Venini, che è stata un semplice spot elettorale: ha bisogno di manutenzione costante».
TASSE OCCULTE
Dello stesso avviso è Fabrizio De Pasquale, ex azzurro a Palazzo Marino e portavoce del comitato "Stop Area B": «Siccome il Comune non può più alzare le tasse perché sono già ai massimi consentiti dalla legge», spiega, «ora trova il modo di far pagare gabelle in più ai soliti noti, cioè agli automobilisti. Ma è una logica sbagliata, specialmente in una regione come la Lombardia, che si fonda sulla mobilità e il dinamismo. Milano, così, rischia di fare un passo indietro». Per il consigliere leghista, Samuele Piscina, «Milano ferma è una contraddizione in termini. Milano è una città dinamica, attiva, sempre piena di nuove idee: il problema è che chi l'amministrazione non l'ha ancora capito. Tanto che sta sprofondando nelle classifiche nazionali, non solo quelle legate al tema sicurezza ma anche quelle sulla qualità della vita. Sono tutti segnali da cogliere per schiacciare il piede sull'acceleratore. Non per rallentare». Neanche a trenta chilometri.