Abba, la lettera dei baristi

Dario Mazzocchi

È passato ormai quasi un anno dalla quella notte: era il 14 settembre 2009 e Abdoul Guibere, detto Abba, veniva ucciso in via Zuretti a Milano dai titolari di un bar. Oggi Fausto e Daniele Cristofoli, rispettivamente padre e figlio, condannati a 15 anni e 4 mesi per l’omicidio, sono tornati a parlare attraverso una lettera spedita a Studio Aperto. La notte di un anno fa - I due baristi si sono nuovamente proclamati innocenti e hanno raccontato la loro versione dei fatti: sarebbero stati circondati da “sette persone esagitate e molto aggressive”, agendo per legittima difesa, dopo essersi accorti che Abba e i suoi amici avevano rubato due confezioni di biscotti dal loro bar. “Sono stato preso a bottigliate e bastonate – ha ricordato il padre -. Mio figlio mi ha visto circondato da quattro persone, ha preso l’asta per difendermi e ha sferrato un solo colpo a casaccio”. “Non siamo dei mostri”, si legge nella lettera. “Con umiltà ci siamo privati dell’unico bene che avevamo, la casa” per risarcire la famiglia della vittima. In compenso, ha ricordato ancora Fausto Cristofoli, non “abbiamo esitato a mettere in mezzo alla strada tutto ciò che ci è rimasto. Una moglie e una madre ammalata di cancro”. "Ricorreremo in appello" - Cristofoli ha raccontato che in carcere lui e il figlio hanno trovato lavoro come barbieri, “maneggiando forbici e rasoi. Il lavoro che ci è stato assegnato è di responsabilità”. E “lo abbiamo conquistato dimostrando di essere persone normali, non siamo dei mostri”. In conclusione hanno ribadito che la sentenza non l’accettano affatto: “Ricorreremo in appello, per noi è stata legittima difesa”.