Porta Venezia
Alla Festa dell'ipocrisia sfilano i big del Pd. "Expo? Merito nostro"
Più che la Festa dell’Unità, ieri al parco Montanelli si è inaugurata la festa dell’ipocrisia, perché Pietro Bussolati, Alessandro Alfieri e Debora Serracchiani, nel presentare la kermesse, se la sono cantata e suonata incuranti del rischio di cadere in contraddizione con se stessi. Cosa che è puntualmente accaduta in più di un’occasione. Cominciamo col dire che all’apertura dei cancelli c’erano cento, massimo duecento persone sedute sotto il tendone, mentre nel resto del parco gli standisti si affannavano con gli ultimi preparativi per iniziare a servire aperitivi e cene. Tra i volti noti, relatori esclusi, l’onnipresente Emanuele Fiano, candidato alle primarie (se si faranno), che per un giorno ha mollato il tour nelle periferie abbandonate dalla giunta Pisapia per abbracciare il centro e i volontari della festa. Folta la rappresentanza dei consiglieri regionali capeggiati da Sara Valmaggi ed Enrico Brambilla. A discorsi già iniziati si è accomodato nelle prime file anche il presidente di Atm Bruno Rota, che voci di corridoio vorrebbero in lizza per una poltrona in una partecipata nazionale (Ferrovie dello Stato?). Grande assente di giornata Pierfrancesco Majorino, che dopo le polemiche con gli organizzatori, evidentemente ha preferito non esserci. Il primo a parlare è stato il segretario metropolitano del Pd Pietro Bussolati che dopo aver rivolto «immensi ringraziamenti a Renzi e Pisapia per il lavoro fatto in questi anni» si è scagliato contro il centrodestra spiegando che «Noi, al contrario di loro, non siamo appesi agli ordini di Salvini e alle sue marcette fasciste». Poi, conscio dei rischi che comporta fare la festa in un parco storico ha lanciato un accorato appello ai partecipanti: «Mi raccomando, rivolgete un’attenzione in più alla tutela del verde». Un rischio che si sarebbe potuto non correre, ad esempio, organizzando la festa in periferia. Particolarmente succoso il capitolo dedicato all’Expo che, abbiamo scoperto ieri, è praticamente un'emanazione del Pd. Il segretario regionale Alfieri ha spiegato che «In Expo ci abbiamo creduto solo noi del Pd...» e il vice segretario nazionale Serracchiani ha rincarato la dose ricordando che «C’era qualcuno che ci diceva che l’Expo a Milano non bisognava neanche farlo». Forse nessuno ha detto all’esponente Pd che quel qualcuno era il sindaco di Milano Giuliano Pisapia che in campagna elettorale prese le distanze dall’evento e che negli anni successivi ha sempre cercato di tenersene alla larga, un po’ come ha fatto Renzi fino quando non ha capito che l’Expo (voluto e conquistato dal centrodestra) poteva essere una vetrina assai appetitosa. La memoria corta degli esponenti Pd non si è limitata all’Expo, perché se di amministrative milanesi e di primarie non si è praticamente parlato (le tensioni nel partito sulla questione sono fortissime), sul tema immigrazione si sono sprecate parole e applausi. Il sunto degli interventi è nelle parole di Alfieri: «Il governo non ci lasci soli a gestire l’emergenza perché qui in Lombardia abbiamo un problema in più: un governatore leghista che non fa nulla». La Serracchiani, invece, se l’è presa con Salvini: «Facile dire fermiamoli lì, ma avete visto che cosa c’è lì? Noi ragioniamo in maniera diversa e abbiamo soluzioni diverse», ma il tempo a disposizione è quello che è e la Serracchiani queste soluzioni si dimentica di spiegarle. Poi gran finale con autocelebrazione: «Sorpresa che Renzi sia stato applaudito a Rimini da Cl? - si chiede la Serracchiani -. No. Dovrei stupirmi perché qualcuno finalmente vota dalla parte giusta?». Non dite alla Serracchiani che domenica i ciellini si erano spellati le mani per applaudire anche il «bruto» Maroni. Che la festa abbia inizio. di Fabio Rubini