Infezioni letali
Allarme: due ricoveri per la febbre del Nilo. Ora la zanzara padana fa paura
Quando sono arrivati in ospedale avevano febbre alta ed erano in stato confusionale. Esami radiodiagnostici e sierologici hanno accertato che entrambi i malati, due cittadini lodigiani in gravi condizioni di salute, erano affetti dalla febbre del Nilo Occidentale, malattia originaria dell’Egitto, di recente diffusa in Europa e trasmessa dalle zanzare. Per i due pazienti, anziani già in condizioni di fragilità rivoltisi alle autorità sanitarie il primo intorno al 10 agosto e il secondo pochi giorni fa, è stato disposto il ricovero nel reparto di malattie infettive e tropicali dell’ospedale di Sant’Angelo Lodigiano. Marco Tinelli, direttore dell’unità che segue i due uomini, rassicura: «Sono fuori pericolo. Adesso per loro sarà necessaria riabilitazione neuromotoria». Non sono questi i primi due casi stagionali di febbre del Nilo in Lombardia. Già a metà mese a Pegognaga, provincia di Mantova, un uomo è finito in rianimazione per le conseguenze del virus. Altri episodi si sono verificati nelle province di Cremona (dove sono risultati portatori due donatori di sangue) e di Pavia. L’Asl di Lodi a luglio ha catturato zanzare per verificare se presentassero la malattia, con analisi che hanno poi dato risultato positivo. È la più comune delle zanzare notturne, la «culex pipiens», a trasmettere il virus a uomini e animali. L’insetto è talmente radicato sul territorio da essere definito «padano». E infatti è sulle due sponde, quella lombarda e quella emiliano-romagnola, del grande fiume che dal 1998, anno in cui il virus ha fatto capolino in Europa, che si concentra la frequenza di infezioni tra le più alte del Belpaese. Il primo caso italiano è datato 2008. Secondo il centro Nazionale di Epidemiologia, questo è il terzo anno consecutivo che in Lombardia si riscontra la febbre del Nilo. La procedura governativa prevede, in caso di insorgenza della malattia, di procedere a disinfestazioni anti-zanzare. I primi sintomi, tra i 2 e i 15 giorni dall’infezione, sono gli stessi di una comune influenza (spossatezza, nausea, anoressia e altri ancora). Il più delle volte ci si rimette in sesto senza esigenza di cure mediche. Ma in caso di persone anziane e immunodepresse il decorso può essere più grave: con la media di un caso su mille, si può arrivare a meningiti o encefaliti con esiti fatali, coma o decesso. di ROBERTO PROCACCINI