No global e immigrati

Dario Mazzocchi

“Non salire in ambulanza, se vai finisci in galera”. Alle quattro del pomeriggio, dopo aver sfondato il cordone dei poliziotti, l’eritreo Zbah perde sangue dalla fronte ma rifiuta le cure dei paramedici accorsi sul ponte della Milano-Meda. Gliel’hanno suggerito i no global, e lui obbedisce insieme ad un altro profugo ferito. Prima era accaduto lo stesso con l’occupazione dei binari di Bruzzano (“Fatevi sentire!”), l’invasione delle strade della Comasina (“Devono darvi una casa!”) e i ripetuti scontri con la polizia (“Fascisti, fascisti!”). La rivolta dei rifugiati politici porta la firma indelebile dei centri sociali, veri sceneggiatori della giornata di follia che ieri ha messo in ginocchio la periferia nord di Milano. Treni fermi, tafferugli, circolazione in tilt. Una marcia di otto ore contro lo sgombero dell’ex residence “Leonardo” di via Senigallia, occupato abusivamente per quattro giorni da trecento immigrati del corno d’Africa. Sudanesi, etiopi, eritrei e somali. Tutti in fuga dalla propria terra e in cerca di asilo politico. La tensione è salita già dopo i primi controlli della polizia: alle nove del mattino, infatti, gli agenti hanno circondato lo stabile e bloccato sulla soglia cinquanta rifugiati che volevano entrare nella struttura fatiscente per raggiungere i compagni. Insieme a un drappello di autonomi del “Cantiere”, gli africani rimasti fuori si sono diretti alla vicina stazione ferroviaria di Bruzzano. Una decina di loro si è addirittura sdraiata sui binari, costringendo la polizia a trascinarli di peso per liberare le rotaie. Massimo Costa: l'intero servizio su Libero in edicola domani