Monti chiama Jova: Aiutami Lorenzo gli dice no
Peggio che vendere l’anima al diavolo c’è solo offrirgliela per sentirsi rispondere «no, grazie». E questo, né più né meno, è quanto appena accaduto a Mario Monti. Che è andato a bussare alla porta di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, onde chiedergli di mettere la faccia e risollevare l’immagine del governo. Rimediando in risposta un garbato ma sonoro due di picche. I fatti - Il governo sta lanciando in grande stile l’Agenda digitale: trattasi di imponente operazione - assai sollecitata dall’Unione europea - volta ad ammodernare ed informatizzare nel profondo il Paese. All’uopo, l’esecutivo ha indetto (tramite il sito agenda-digitale.it) una consultazione pubblica per raccogliere idee e proposte da inserire nel progetto in questione. La consultazione è divisa per aree tematiche, che corrispondono ai temi dell’Agenda: “Infrastrutture e sicurezza”, “e-Commerce”, ”Alfabetizzazione digitale e Competenze digitali”, “e-Government”, “Ricerca & innovazione” e “smart cities & communities”. La ricerca del testimonial - Ed è davanti alle “smart cities” che si capisce l’importanza della faccenda. L’operazione Agenda digitale, difatti, gronda profittabilità mediatica da ogni bit: c’è il governo proiettato nel domani che informatizza a tutto andare; c’è il rapporto diretto col cittadino che va sul web e interagisce senza filtri col Palazzo; c’è la banda larga, la guerra al digital divide, la e-inclusion e tutto il resto della fumisteria 2.0 che va tanto per la maggiore. E, avendo intuito le smisurate possibilità quanto a ritorno di immagine offerte dalla circostanza, a Palazzo Chigi iniziano la ricerca un testimonial di sicuro e riconosciuto appeal il cui faccione appiccicare all’operazione Agenda digitale e, per estensione, al governo tout court. Un colpaccio per l’immagine di Monti, specie in un momento di appannamento come quello presente. L'icona giovanile - Pensa che ti ripensa, gli sherpa del premier tirano fuori il nome giusto: quello di Jovanotti. Che soddisfa alla perfezione i requisiti governativi: è un’icona giovanile (in realtà l’uomo va per i quarantasei anni, ma certe etichette resistono al tempo), è stato tra i primi ad usare il web in maniera massiccia e da allora gode fama di artista assai interfacciato, politicamente impegnato (soventi sbandamenti veltronian-terzomondisti, ma non si può avere tutto), piace alle mamme. Certo, a rigore di logica la distanza antropologica tra il rettore della Bocconi e l’autore di “Uno, due, tre: casino” e “Sei come la mia moto” dovrebbe essere siderale. Però, quando di mezzo ci sono i sondaggi, Monti ha dimostrato di andare assai poco per il sottile. E se in nome del gradimento c’è da andare a chiedere una comparsata ad un urlatore di sinistra - in teoria, il demonio - non è il caso di farsi troppi problemi. I problemi, fortunatamente, se li fa Jovanotti. Che, come accennato, respinge al mittente l’offerta presidenziale adducendo non meglio precisati «impegni esteri». Sulla natura dei quali, volendo, si potrebbe anche alambiccare: nell’immediato non sono previsti concerti (il tour americano è finito il 17 marzo scorso a Los Angeles) né si ha notizia di altri impegni imminenti. Insomma, il sospetto che il musicista abbia escogitato una scappatoia diplomatica per evitare di associare la propria immagine a quella del Professore può starci. Il no di Fiorello - Meno male che il governo aveva approntato la panchina lunga. Incassato il no di Jovanotti, Palazzo Chigi ha provato a coinvolgere Fiorello, altro showman di chiare notorietà e consuetudine coi nuovi media. Ideona, e però destinata ad infrangersi contro l’unico tabù che Monti, almeno per ora, non si sente di infrangere: quello del conflitto di interessi. Fiorello, infatti, è da tempo immemore testimonial di un colosso delle telecomunicazioni, e prestare il volto ad una campagna promozionale nello stesso settore avrebbe determinato un corto circuito politico e industriale non sostenibile. Si accontenta di Alberto Angela - Sfumato anche Fiorello, a Palazzo Chigi hanno dovuto giocarsi l’ultima carta: Alberto Angela, professione divulgatore storico e scientifico per la Rai e figlio di Piero, inventore di Quark. L’abbassamento dell’asticella è sensibile: ancorché di indubbia popolarità, il giovane Angela non esercita sulle masse attrazione pari a quella di un Jovanotti e non è dato sapere quanti pischelli abbiano in camera i poster del conduttore di “Ulisse - il piacere della scoperta”. Ma tant’è: salvo imprevisti, il volto della campagna governativa per l’Agenda digitale sarà quello di Angela junior. E Monti, suo malgrado, dovrà farsi andar bene lo spot sobrio. di Marco Gorra