Ecco il colmo di Renzo Bossi: insegnava legalità al Pirellone
Certo, in quel consiglio regionale non c’erano i curriculum più adatti per salire in cattedra. Sarà stato per i cecchini della magistratura che man mano facevano cadere come birilli consiglieri e vicepresidenti della Regione Lombardia, sarà stata per vocazione personale, ma alla fine in cattedra è salito Renzo Bossi. Ognuno la penserà come meglio crede dopo la bufera che sta investendo la Lega da qualche giorno. Però il Trota nei due anni in cui siede in Regione Lombardia un solo compito ha svolto di un certo prestigio: la commissione affari costituzionali di cui è membro gli ha affidato il mandato di relatore della legge sull’educazione alla legalità. Bossi jr dunque è finito in cattedra, come maestro di legalità, trovando finanziamenti e norme perché questa rilevante materia che lui evidentemente padroneggiava fosse insegnata in tutte le scuole, introducendo perfino in Lombardia un giorno della legalità. Non che abbia lavorato spaccandosi la schiena per questo, il Trota. Pur essendo fra i giovanissimi che hanno conquistato una poltrona di primissimo piano della politica (fare il consigliere regionale significa subito sghei senza dovere combattere prima lunghi anni in municipi e consigli comunali conquistandosi gettone su gettone con le presenze), Bossi jr ha cercato di non fare la figura del secchione. Gli altri giovanissimi catapultati su poltronissime cercavano di rimediare al peccato originale cercando di essere i primi ad entrare e gli ultimi ad uscire dalle aule consiliari e dalle commissioni? Lui no, il Trota ha bisogno di nuotare all’aperto. Anche nella commissione che tanto onore gli ha concesso, eleggendolo maestro di legalità, ha bigiato in media una volta su due. Circa una trentina le riunioni in due anni- e già non era cosa da uscire con la schiena ricurva e spezzata- e lui ne ha bigiate almeno una quindicina. Spesso avendo cura di farsi sostituire da altro collega del Carroccio, almeno per non mettere la maggioranza in difficoltà. Altre volte dimenticandosi pure dell’incombenza: ha dato buca e basta. Non c’era perfino il giorno in cui dovevano affidargli formalmente il mandato di relatore sulle proposte di legge unificate di educazione alla legalità. Ma alla fine ha preso sul serio il suo compito, e il 27 gennaio 2011 in commissione c’era ad approvare e rigettare emendamenti al testo. Ha strappato pure qualche sorriso nelle fila dell’opposizione, visto che ha difeso a spada tratta testi dell’Italia dei Valori causando qualche maldipancia ai colleghi di maggioranza. Il Trota maestro di legalità è riapparso anche in aula l’8 febbraio successivo, quando la legge di cui era relatore è andata ai voti del consiglio regionale. Ha duettato amabilmente con il presidente del Consigliom, Davide Boni, ancora immacolato da problemi legali e perfino con Filippo Penati, che quel giorno era ancora vicepresidente prima che la legalità se lo portasse via. Ha letto la sua relazione di accompagnamento alla legge che stanziava 500 mila euro per istituire quei corsi di legalità fin da giovani. Chissà se il testo era stato scritto dal Trota o semplicemente affidato da penna altrui alla sua oratoria. Fatto sta che le parole è stato lui a pronunciarle, e restano scolpite nella pietra del consiglio regionale ancora oggi. Come la certezza indignata con cui definiva la legge di educazione alla legalità «una risposta concreta alla mancanza di civismo» che lui aveva riscontrato nelle giovani generazioni. E la percezione che solo l’educazione ricevuta in erba fosse necessaria «per rimuovere la maleducazione imperante». A sentire il Trota sembrava davvero cresciuto ad Oxford, non certo frequentando per corrispondenza. Cortese anche quando cassò un emendamento che fortissimamente voleva l’assessore Romano La Russa. Scivolato sulle origini familiari solo quando replicò all’augusto fratello di Ignazio: «Ho cercato di trovare una quadra a questo progetto di legge, altri emendamenti non posso accettare». Giorno di trionfo per Bossi jr, forse il solo in questa legislatura che sta prendendo una piega amara. Lui l’ha celebrato ben con due comunicati stampa trionfali. Maestro di legalità era divenuto, e ormai l’effigie era apposta sul petto. Non può certo togliergli il titolo un John Henry Woodcock qualsiasi… di Fosca Bincher