Terzi, dubbi sui due marò: preferisce liberare i birmani
Per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre i guai non vengono solo dalle autorità del Kerala che si ostinano a tenerli in carcere pur senza una sola prova concreta contro di loro ma anche dalla Farnesina che sembra mettere in dubbio la loro innocenza. Facendo il punto sulla vicenda dei due fucilieri del reggimento San Marco, ieri il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha ribadito che in India «continua l'accertamento sulla prova balistica e i tentativi di individuare armi che avrebbero potuto sparare e che, onestamente, potrebbero anche non essere appartenute al contingente italiano». Un’affermazione sconcertante perché il titolare della Farnesina e l’intero governo italiano non dovrebbero utilizzare condizionali o avere dubbi (né esprimerli pubblicamente) circa la veridicità del rapporto redatto dal team di fucilieri imbarcati sulla Enrica Lexie. I militari hanno sempre negato di aver sparato contro un peschereccio precisando di aver esploso alcuni colpi d’avvertimento in mare, a prua dell’imbarcazione che si avvicinava pericolosamente alla petroliera italiana, aggiungendo che si trattava di un peschereccio ma non del Saint Antony sul quale si trovavano i due pescatori uccisi. Una versione che gli indiani non sono ancora riusciti a confutare neppure con un referto balistico che dimostri che a colpire il peschereccio sono state le armi italiane ma alla quale pare non credere del tutto neppure Terzi. Sostenendo che i colpi che hanno ucciso «potrebbero» anche non essere stati esplosi dai fucili dei marò Terzi mostra incertezza rispetto a quanto affermato da Latorre e Girone circa la totale estraneità a quanto accaduto al Saint Antony. Invece di ribadire l’innocenza, sostenuta anche dal fatto che i pescatori sono stati uccisi in tempi e luogo diversi rispetto alla rotta della Enrica Lexie e al tentativo di attacco denunciato dagli italiani, Terzi la mette in dubbio giustificando indirettamente le accuse indiane. Il ministro ha poi ribadito che la tempistica da seguire è «la massima urgenza possibile», frase che suona un po’ ironica a sette settimane dai fatti del 15 febbraio e con le vacanze imminenti che chiuderanno per oltre un mese i tribunali del Kerala. Terzi si è detto «intenzionato a mantenere ogni pressione e ogni sforzo per riaffermare il principio della giurisdizione ma anche per trovare una soluzione pragmatica per portare i nostri ragazzi a casa». La strategia della Farnesina sembra quindi basarsi solo sulla questione della giurisdizione che però resta aperta e lontana da una soluzione mentre ignora (o addirittura considera usando il condizionale) l’innocenza dei due militari. Gli unici dettagli emersi dagli esami balistici, ormai un mese or sono, indicavano che a colpire i pescatori fossero stati proiettili calibro 7,62 non utilizzati dalle armi italiane ma dalle mitragliatrici PKM delle “Arrows boat” che la Guardia costiera dello Sri Lanka impiega per cacciare i pescherecci indiani che vanno a pescare tonni nelle acque cingalesi. Argomento ignorato da Terzi che da un lato non alza i toni con l’India per la liberazione dei nostri militari innocenti e dall’altro si preoccupa di 150 prigionieri politici in Birmania per la liberazione dei quali ha esortato l’Europa a «incoraggiare il governo birmano». di Gianandrea Gaiani