Le intercettazioni di Belsito: "Cade la Lega se parli tu"
Lega-gate, spuntano le intercettazioni. In quelle pubblicate dal Corriere della Sera, Belsito al telefono a febbraio con l'impiegata amministrativa del Carroccio Nadia Dagrada (non indagata) "rievoca tutte le elargizioni fatte ai Bossi e alla vic epresidente del Senato Rosy Mauro". E la segretaria lo consiglia di "fare tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti a loro favore e di nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza". Il tesoriere, però, è combattiva e premunito: "riferisce - scrivono gli inquirenti - du essere in possesso di copiosa documentazione e di una registrazione compromettente per la Lega". Ieri Renzo Bossi, figlio di Umberto, ha smentito con forza: "La mia famiglia di soldi dalla Lega non ne ha mai presi". Al suo ingresso al Pirellone dove è in corso il consiglio regionale della Lombardia, Il Trota ha spiegato: "La mia famiglia deve ancora finire di pagare la ristrutturazione della casa di Gemonio questo perché i lavori sono stati fatti quando mio papà era in ospedale". Nessun ricatto - Parole che però non convincono affatto le Procure. Pesano le parole tra Belsito e la Dagrada, proprio nel momento in cui la posizione del tesoriere era già in bilico per il caso degli investimenti leghisti in Tanzania. L'impiegata è schietta: "Gli dici (a Bossi, ndr): capo, guarda che è meglio sia ben chiaro: se queste persone mettono mano ai conti del Federale, vedono quelle che sono le spese di tua moglie, dei tuoi figli, e a questo punto salta la Lega (...). Papale papale glielo devi dire: ragazzi, forse non avete capito che, se io parlo, voi finite in manette o con i forconi appesi alla Lega". E Belsito è esplicito, quasi sprezzante quando parla delle elargizioni alla famiglia del leader e alla Mauro. "Sai quanto gli ho dato l'altro giorno alla nera? Quasi 29mila, in franchi eh...". E poi, appunto, quei 200mila euro dati al sindacato padano Sinpa, che avrebbe "bilanci truccati". Tutti dati caldi, come le spese pagate ai figli di Bossi, Riccardo e Renzo, ma nessun ricatto. Piuttosto si tratterebbe di informare il capo: "I militanti - spiega la Dagrada a Belsito - si spaventano di più se esce fuori Rosy che non la Tanzania". Soldi in nero - In una telefonata tra Nadia Dagrada e Francesco Belsito, agli atti delle inchieste condotte a Milano, Napoli e Reggio Calabria, la dirigente amministrativa "parla chiaramente del nero che Bossi dava tempo fa al partito". Un nero che secondo gli investigatori è riconducibile a "denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile". La circostanza emerge da un’intercettazione telefonica in cui la prima dice al secondo: "Tu non puoi nascondere quelli che sono i costi della famiglia, cioè da qualche parte vengono fuori. Anche perchè o lui, (riferito a Bossi, ndr) ti passa come c'era una volta tutto in nero o altrimenti come c... fai tu". Quel denaro, sempre secondo gli inquirenti, "veniva elargito - proseguono gli investigatori - senza lasciare traccia, a Bossi e ai suoi familiari". Castelli "detective" - Sempre la Dagrada avverte Belsito: "Castelli c'è da tenerlo d’occhio sta cercando di scatenare sotto sotto un casino e tutti vogliono andare a vedere i conti, vogliono andare a vedere i documenti e questa sarebbe la fine". Il riferimento della segretaria è relativo all’insistenza con cui l’ex ministro Roberto Castelli, voleva visionare i bilanci del partito.