Da Boni ai soldi in Tanzania 2012 orribile per la Lega
L'ultima tegola in casa Lega Nord è quella che si è abbattuta sul tesoriere Francesco Belsito, accusato di appropriazione indebita dei soldi del partito, una sorta di caso lusi-bis: il tesoriere ed altri due 'verdi' risultano indagati. Ma questo è solo l'ultimo tassello di un 2012 che per il Carroccio è iniziato nel peggiore dei modi. La notizia più fragorosa, prima di quella relativa a Belsito, è stata quella che ha riguardato Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, indagato dalla procura di Milano con l'accusa di corruzione di presunte tangenti: l'inchiesta riguarda alcuni centri commerciali, in relazione a un filone di indagine nato dall'inchiesta sulle tangenti al Comune di Cassano D'Adda. Il caso Boni - Ad aggravare la situazione di Boni le dichiarazioni di Gilberto Leuci, che agli inquirenti spiegava: "Per montare affari immobiliari in Lombardia era necessario fare un passaggio da Boni e da Ghezzi (capo dimissionario della segreteria politica di Boni, ndr). Leuci, in un interrogatorio del 9 novembre 2011, spiegava: "Sono a conoscenza che i soldi per la politica dovevano essere destinati pro quota ai partiti che reggevano la giunta cassanese, in particolare Forza Italia e Lega Nord". Soldi in Tanzania - Quindi sul Carroccio, in questo 2012, si è abbattuto anche il caso investimenti, fatto esplodere dal Secolo XIX, che ha ricostruito come i fondi del partito siano finiti in Norvegia, Cipro e anche nel continente nero, in Tanzania. Un caso, questo, che potrebbe essere legato a doppio filo alla nuova indagine sul tesoriere Belsito, il cui nome era emerso proprio in relazione agli investimenti in Tanzania. Nel parito già tirava aria di bufera dopo la diffusione delle notizie sui giri di denaro che hanno interessato i conti del partito: di questi soldi, provenienti dai rimborsi elettorali, molti nel movimento non sapevano nulla. Gli scontri interni - Ma il periodo nero della Lega affonda le sue radici più in là, negli ultimi mesi del 2011, da quando si è inasprita la lotta tra i fedelissimi di Umberto Bossi - il cerchio magico - e l'anima del partito più vicina a Roberto Maroni, indicato come la persona che al Senatùr, nonostante i proclama, vuole fare le scarpe. Quindi il caso Tosi, molto vicino al ministro dell'Interno, e della sua ricandidatura non così scontata come sindaco di Verona. In un contesto sempre più esplosivo, anche notizie più grottesche, come quella arrivata ieri, lunedì 2 aprile, sulla condanna a Roberto Bossi, figlio di Umberto, che ha scagliato un gavettone pieno di candeggina contro un militante di Rifondazione Comunista per una lite sui manifesti elettorali.