Appalti, spigole, indagati: Emiliano deve dimettersi
Un «aiuto elettorale» per Michele Emiliano, così ipotizzano gli investigatori della Guardia di Finanza. Che intendiamoci, messa così vuol dire tutto e niente, tra l’altro il sindaco di Bari allo stato attuale non risulta nemmeno indagato - e questa non è certo notazione di maniera. L’ambito è rappresentato da quest’altra storia di (presunte) corruzioni e frodi e speculazioni milionarie su commesse comunali - versione pugliese d’un copione invero giunto all’ennesima replica, e su tutto il territorio nazionale. Faccenda che per l’appunto tanto imbarazza il sindaco Emiliano, destinatario dell’ormai famoso cadeau ittico-gastronomico da parte della famiglia d’imprenditori al centro delle accuse, un componente dei quali anche consigliere regionale del Pd - e comunque (ri)citiamo per pura accademia l’irresistibile passaggio tratto dall’informativa della Guardia di Finanza: «Per completezza d’informazione il sindaco era stato omaggiato di champagne, vino e formaggi, quattro spigoloni, venti scampi, ostriche imperiali, cinquanta noci bianche, cinquanta cozze pelose, due chili di allievi locali di Molfetta e otto astici». Peraltro, nonostante il suo nome non compaia nel feral registro, qui a Bari la tempesta politica che ha investito il primo cittadino non accenna a placarsi. Il quesito comune è proprio questo: ma ’sti Degennaro - i quali, ancora citando l’informativa della Finanza, «lo stesso sindaco ha pubblicamente dichiarato che sono imprenditori vicini a questa amministrazione» - questi Degennaro in che modo hanno appoggiato Emiliano? Lo hanno aiutato elettoralmente, magari sostenendone economicamente la campagna elettorale? In questo senso certezze non ce ne sono, e lo stesso Emiliano rimarca con forza di non aver mai avuto per loro un occhio istituzionale di riguardo. Sempre nell’informativa vergata dalle Fiamme Gialle nel marzo 2010 e poi consegnata ai magistrati, un capitoletto è proprio dedicato ai rapporti della “cricca” barese con il sindaco, «incontri che, a sentire le conversazioni, avvenivano non di rado» - cosa per la verità non così strana, visto che la loro azienda di costruzioni Dec ha dimensione nazionale. E poi così si legge a pagina 174: «Quale tipo di aiuto forniscano o abbiano fornito al sindaco i Degennaro non è dato saperlo, anche se l’affermazione del politico della famiglia (Vito Degennaro, indagato, colui che secondo gli inquirenti manteneva per l’appunto i rapporti con i rapprsentanti istituzionali, ndr) fatta subito dopo che il figlio gli aveva riferito quanto detto da Alessandro Emiliano (figlio del sindaco stesso, ndr) […] e il riferimento subito dopo all’aiuto in campagna elettorale […] potrebbero far pensare a un aiuto di tipo elettorale». Questo è quanto scrivono i finanzieri: periodo ipotetico che, naturalmente, certo non fa una prova. Come detto, gli stessi pm hanno in seguito ritenuto che non fossero emersi elementi per indagare Emiliano - eletto sindaco di Bari nel 2004, poi segretario regionale del Pd nel 2007 e riconfermato sindaco nel 2009. Dalle carte dell’inchiesta emerge poi un altro episodio che ben fa comprendere come, anche al di là delle rilevanze penali, i Degennaro si fossero inseriti negli ambienti istituzionali di Bari, secondo i magistrati ricavandone a volte illegittimi aiutini nel disbrigo delle pratiche. Il discorso è relativo a un residence sorto nel quartiere di Poggiofranco, elegantemente periferico. Duecento appartamenti costruiti a partire dal 2007, dopo una serie di intoppi burocratici, sempre dalla Dec dei Degennaro. Una parte dei quali, nel progetto d’origine, avrebbe dovuto essere concessa in affitto agevolato a poliziotti e carabinieri e finanzieri. E però, alla fine, quegli affitti così agevolati non si rivelarono, troppo alti per i magri stipendi di agenti e militari. Ragion per cui il bando che avrebbe dovuto distribuire le locazioni va deserto. E quegli appartamenti vengono venduti. Ora emergono i nomi degli acquirenti: ex consiglieri del Comune e della Regione, dipendenti municipali che hanno avuto rapporti con i Degennaro. Scalpore ha destato il nome di Giorgio Savino, figlio del presidente del Tribunale di Bari Vito, quest’ultimo fra il '93 e il '94 presidente dc della giunta regionale pugliese. Lo stesso Vito Savino ribatte che «l’appartamento è stato acquistato da mio figlio Giorgio e dalla moglie nel rispetto delle regole e con mutuo trentennale». di Andrea Scaglia