Ecco come la Lega disinnesca il partito del sindaco Tosi
Il via libera ufficiale scatterà solo venerdì, dopo un faccia a faccia in via Bellerio tra il sindaco di Verona Flavio Tosi e il leader leghista Umberto Bossi a cui seguirà una conferenza stampa. I padani, però, hanno trovato una mediazione che parrebbe definitiva in vista delle Amministrative. Il primo cittadino non farà una lista personale - così come desiderato dal Senatur - ma in compenso tutte le formazioni in campo avranno il suo nome nel simbolo. In questo modo Tosi è convinto di rastrellare qua e là il consenso che un “suo” partito avrebbe raccolto da solo. E che, secondo alcuni sondaggi, potrebbe valere più del 20%. «Finalmente abbiamo trovato la quadra, perché nella nostra soluzione non c’è uno che prevarica l’altro e nessuno cede. Ci siamo parlati e abbiamo trovato l’accordo» conferma Tosi alla fine della riunione del Parlamento della Padania a Sarego, Vicenza. Frasi al miele anche da parte di Roberto Calderoli, che col sindaco di Verona non ha mai avuto feeling. Eppure l’ex ministro della Semplificazione gongola: «Venerdì prossimo verranno presentati tutti i simboli che sosterranno la lista che porterà a fare il sindaco per la seconda tornata a Flavio Tosi, perché sono convinto che riuscirà a superare il 60% in prima battuta». Un clima da volemose bene che contagia pure Umberto Bossi, che negli ultimi mesi non aveva esitato a criticare duramente il suo sindaco. «Questa è una vittoria della Lega» sbotta il leader padano «Gli altri possono avvantaggiarsi solo se la Lega litiga». Sullo sfondo, resta il solito braccio di ferro tra maroniani e cerchio magico (ovvero i colonnelli più vicini alla famiglia Bossi). Tosi, fedelissimo del ministro dell’Interno, a Verona ha fortemente voluto la corsa solitaria del Carroccio dopo aver divorziato con gli azzurri che cinque anni fa lo avevano sostenuto. «Il Pdl ha il suo simbolo la sua lista e corre in antitesi e in concorrenza rispetto a noi» osserva il primo cittadino. Che ricorda: «Molti esponenti del Pdl scaligero non correranno sotto il simbolo dello stesso Pdl ma con il sottoscritto, perché abbiamo amministrato bene e perché forse la dirigenza del Popolo della libertà qualche errore l’ha fatto...». Fatto sta che un risultato poco brillante della Lega - non solo a Verona - potrebbe dare un argomento al cerchio magico per bacchettare Bobo, tra i più convinti tifosi della corsa solitaria. In un’intervista al Corriere di ieri, il Senatur aveva chiarito: «Se il voto va male sarà necessario stare con Berlusconi», frasi che suonavano come un avvertimento all’ex titolare dell’Interno. Nel pomeriggio corregge il tiro: «Per adesso non vedo la necessità» di tornare con Silvio. Motivo: «Siamo su due fronti diversi: lui va avanti con Monti, noi andiamo avanti da soli». Il numero uno leghista ha poi ripetuto di voler raccogliere firme contro la riforma delle pensioni. E ha difeso Davide Boni, il presidente del consiglio regionale lombardo accusato di corruzione. «Non credo alla spartizione di tangenti tra Pdl e Lega» taglia corto il Senatur. Gli fa eco proprio Maroni: «Chi accusa Boni è un millantatore». L’ex inquilino del Viminale parla del voto: «Alle prossime elezioni amministrative vogliamo vincere, non contarci». E Calderoli: «Noi corriamo da soli alle amministrative, e io penso che andranno bene, quindi il problema di future alleanze non si porrà...». Insomma. La parola d’ordine è gettare acqua. Niente polemiche. L’ex ministro della Semplificazione rivela: «Mercoledì presenteremo in Corte di Cassazione sette propostre di legge di iniziativa popolare». Tra le altre richieste, ecco il taglio dei parlamentari, il Tfr in busta paga e l’introduzione di alcuni principii federalisti. di Matteo Pandini