Lavoro, partiti d'accordo Camusso e aziende no
La riforma del lavoro convince, per ora, solo i partiti. E' paradossale, visto che gli attori principali sono sindacati e Confindustria, che infatti frenano sebbene tutti, dal governo ai vari leader di sinistra e di destra, si dicano convinti dell'accordo. "Nel mercato del lavoro - spiega il ministro del Welfare Elsa Fornero - trovare un accordo è un elemento importante ed imprescindibile che da un valore aggiunto di notevole importanza alla qualità della riforma". Il ministro si è detta "fiduciosa che questa riforma si farà con il consenso". Un'accelerazione e, al tempo stesso, una frenata dopo le spacconate sulla "paccata di miliardi" affatto piaciute al suo capo, il premier Mario Monti. Che non a caso cerca di prendere in mano la situazione assicurando a tutti che questa riforma "è un tema cruciale, è una priorità per il governo" e che l'esecutivo sta mettendo in campo "le energie migliori". I partiti - Un po' ambigua, ma nel complesso ottimista la posizione della maggioranza di governo. Che andando dal Pd al Pdl, passando per l'Udc, comprende un po' di tutto. Dopo il vertice notturno di giovedì sera a casa Monti, il segretario Angelino Alfano ha parlato di "accordo raggiunto" ma Pier Luigi Bersani non si vuol prendere una tale responsabilità, visto che c'è ancora sul tavolo la questione più cara ai democratici, l'articolo 18. E così oggi il segratario Pd precisa: "Abbiamo trovato un accordo nel dire che serve un'intesa seria". Tirano tutti un sospiro di sollievo, salvo ricordare (come ha fatto un furbo Alfano) che una riforma di questo tipo l'aveva già messa in cantiere il governo Berlusconi 10 anni fa e la sinistra fece le barricate per bloccarla. Le parti sociali - Fin qui il balletto dei partiti. Ma è quando parlano sindacati e Confindustria che si capisce come la questione, sebbene l'accordo debba essere trovato entro pochissimi giorni ("Siamo ad un passo, manca solo un piccolo sforzo da parte di tutti", incalza il ministro dello Sviluppo Corrado Passera), sia ancora tutta da chiudere. La leader della Cgil Susanna Camusso frena: "Le proposte sull'articolo 18 fatte finora non vanno bene, credo che ci sia ancora della strada da fare. Per noi l'articolo 18 è una tutela generale. Ha una funzione di deterrenza rispetto all'arbitrio dei licenziamenti. La discussione deve partire dal salvaguardare questo principio". Dalla Cisl, Raffaele Bonanni parla di "limature", anche se pensa che ci sia "il clima giusto". A far nascere dubbi tra gli industriali invece non è l'articolo 18 ma la questione della flessibilità in entrata e dei nuovi contratti: "La nuova proposta - ha detto il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia - prevede un aumento di costi e di burocrazia, con il rischio che invece di aumentare l'occupazione ci sia una riduzione". "La riforma - conclude - non pare ancora in grado di individuare le giuste soluzioni per la competitività delle imprese e, quindi, per la crescita del sistema paese".