Cento miliardi di tagli alle spese: grande bugia del governo tecnico
Sono solo due i ministeri in cui è in questo momento in atto - in via del tutto sperimentale - la cosiddetta spending review, il controllo della spesa corrente. Gli unici due ministri che hanno accettato di fare da “pesce pilota” per provare a tagliare il loro bilancio e vedere se la cosa funziona sono Anna Maria Cancellieri, titolare del ministero dell’Interno e Francesco Profumo, ministro della Pubblica Istruzione, dell’Università e della ricerca scientifica. Due ministeri di spesa sicuramente rilevante, visto che nel loro bilancio ci sono gran parte dei dipendenti pubblici (forze di polizia, vigili del fuoco, scuola e università), ma che sono ben lontani da quei 100 miliardi di euro di spesa che sarebbero sotto osservazione del governo, come ha assicurato al «Corriere della Sera» in una domenica in cui non c’era di meglio il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda. Secondo l’esecutivo proprio da quel taglio della spesa corrente potrebbero venire le risorse utili da una parte ad evitare la mannaia degli aumenti dell’Iva che scatteranno dal prossimo primo settembre (dal 21 al 23%) e primo ottobre (dal 10 al 12%). Dall’altra parte addirittura i tagli potrebbero finanziare l’inizio di una graduale riduzione della pressione fiscale che nel 2012 raggiungerà in Italia i livelli più alti della sua storia. Le intenzioni saranno pure buone, ma l’annuncio di Giarda sembra davvero gonfiato a dismisura rispetto alle misure reali fin qui adottate. La scelta dei due ministeri campione dove tenere sotto controllo la spesa è operativa dall’inizio dell’anno, ma fin qui l’unica che si è buttata anima e corpo cercando di portare qualche risultato è stata la Cancellieri. Il ministro dell’Interno nel giro di un paio di settimane ha già prodotto il suo primo rapportino sferzando la sua struttura per cercare di proporre subito dei risparmi. Profumo invece ha spiegato che il suo ministero è assai complesso, e che i dirigenti sostenevano di avere già operato molti tagli nei bilanci degli ultimi anni. Questo in effetti è avvenuto prima con i tagli lineari di Giulio Tremonti, poi con quelli che gli stessi ministri hanno operato nella legge di stabilità per il 2012 cercando di rispettare gli obiettivi assegnati nelle tabelle del ministero dell’Economia. Il premier Mario Monti ha letto i primi appunti e ha capito subito che non sarebbe stata sufficiente la buona volontà della Cancellieri per raggiungere i risparmi di spesa necessari in tempi brevi. Molti sprechi erano stati individuati seriamente dal ministro, che fra le varie cose aveva proposto di unificare le scuole di formazione delle varie forze di polizia e di abolire le feste dei corpi a livello provinciale. Vero che oggi la festa della polizia, come quelle dei carabinieri, della guardia di finanza, della polizia penitenziaria e così via si celebrano tutti gli anni con una kermesse nazionale e poi vengono replicate sostanzialmente in ogni provincia. E non c’è dubbio che si tratti di costi che si possono benissimo risparmiare senza creare drammi a nessuno. Ma il taglio è assai poco significativo per i grandi numeri del bilancio dello Stato. Procedendo così a piccoli passi non ci sarebbe alcuna speranza di trovare le risorse necessarie ad evitare almeno in parte la stangata Iva, figurarsi se si è in grado di trovare qualcosina per alleggerire la pressione fiscale. Il premier ha chiesto quindi di cambiare radicalmente metodo, individuando nei ministeri due o tre dirigenti generali responsabile della missione di controllo della spesa e dei tagli da effettuare. La parte variabile dei loro emolumenti avrebbe dovuto essere legata proprio al piano di tagli, nella speranza così di aggirare le naturali resistenze della burocrazia ad attuare la riduzione del budget di spesa assegnato. Sono proprio questi dirigenti a dovere portare subito dopo Pasqua le linee operative di un piano di risparmi al ministero dell’Interno e a quello della Pubblica Istruzione che da maggio possa iniziare a funzionare. Entrambi i ministeri hanno bilanci in cui pesa soprattutto il costo del personale, difficile da comprimere perché come si sa i dipendenti pubblici non sono licenziabili come avviene nel settore privato. Si possono però spendere in modo più efficiente anche in quel capitolo, recuperando alle funzioni essenziali personale che per vari motivi risulta alle dipendenze, ma non in servizio (clamorose le cifre che stanno emergendo nel settore della scuola). L’esperimento pilota a quel punto potrà essere esteso anche a tutti gli altri ministeri. Con la coscienza però che anche ci fosse la migliore volontà dei diretti interessati la possibilità di accantonare risorse già nel 2012 è davvero ridotta al lumicino. Proprio Giarda d’altra parte era stato il “tecnico” scelto durante il governo precedente da Tremonti per avere consigli sulla spending review. L’attuale ministro dei Rapporti con il Parlamento aveva messo su un gruppo di lavoro che aveva analizzato la spesa storica della pubblica amministrazione a livello centrale e locale, producendo al termine un deludentissimo rapportino di una cinquantina di pagine. Soluzioni ipotizzate dopo mesi di lavoro sulla riduzione della spesa? Manco una. In compenso Giarda sembrava essersi fatto contagiare da una sorta di sindrome di Stoccolma. Tanto da diventare prigioniero quasi innamorato di quella spesa pubblica che avrebbe dovuto annientare. Basta leggere le ultime parole di quel suo rapportino sulla spesa pubblica che «ha anche bisogno di manutenzione ordinaria, di piccole riforme e opere buone oltre che, se è consentito, un po’ di rispettoso affetto». Inutile quindi illudersi per i roboanti annunci domenicali del ministro travestito come a Carnevale da taglia-spese e taglia-tasse: da un innamorato pazzo così degli sprechi di Stato non bisogna sicuramente aspettarsi troppo… di Franco Bechis