Formigoni: "Aiuti a don Verzè? Perchè sono bravo"

Matteo Legnani

Accreditamenti irregolari, rimborsi discutibili e atti confezionati ad arte per favorire il San Raffaele. Sono queste le accuse rivolte a Roberto Formigoni in un libro di cui ieri mattina il Corriere riportava  alcuni passi. In particolare, all’indice sono finite due lettere. Una in cui don Luigi Verzè chiedeva alla Regione un aiuto per sistemare i bilanci della sua fondazione e una in cui il governatore spiegava di aver già fatto tanto, lasciando poi ai suoi funzionari il compito di elencare tutti i provvedimenti. Per il quotidiano di via Solferino, è la prova che Formigoni sapeva della voragine e che ha anche “modellato” qualche legge per riuscire a risolvere i problemi della clinica milanese. Il presidente nega: «Mai fatto nulla di illecito. Non sapevo del buco e quelle lettere sono state giudicate penalmente irrilevanti». Nel 2001 Don Verzè le scriveva di aver chiuso l’anno con un passivo di 35 miliardi di lire, ricorda queste lettere? «Avevo una memoria vaga di queste missive, sicuramente mi ricordo benissimo che non ho mai compiuto alcun favoritismo nei confronti del San Raffaele, ma ho sempre cercato di risolvere i problemi nel rispetto delle leggi. È questo che fa un buon presidente di Regione per mantenere le eccellenze». Un passivo di 35 miliardi di lire, tuttavia, non è trascurabile. Secondo chi ha pubblicato questi documenti, è la prova che la Regione sapeva che il bilancio del San Raffaele non stava in piedi. «Cominciamo a dire che San Raffaele è un’impresa privata dalla quale la Regione acquista dei prodotti. E questi prodotti - ovvero le prestazioni sanitarie, i ricoveri e così via - sono ed erano eccellenti: lo sanno tutti.  La Regione, poi, non ha nessun potere e nessun dovere di andare a verificare se l’azienda con cui abbiamo questo rapporto stia facendo debiti o meno. Detto ciò,  sappiamo che il San Raffaele, oltre alle prestazioni sanitarie, si occupa anche di ricerca. Investimenti che vengono fatti oggi e che magari producono effetti dopo anni». Si ipotizzava un buco dovuto agli investimenti. Per il resto non c’era il minimo sospetto? «Nel 2001 certamente no. C’erano queste difficoltà, ma c’erano anche questi progetti di ricerca molto onerosi. Anni dopo tutti hanno saputo che il San Raffaele aveva difficoltà con le banche, ma la natura di queste difficoltà la ignoravo». In questa lettera del 2001 si elencano una serie atti per favorire la fonazione di Don Verzè. «Lo ripeto: sono tutti provvedimenti coerenti con le leggi nazionali e regionali. E la legge è uguale per tutti gli ospedali. Non c’è stato alcun privilegio, ma attenzione alle particolarità di questa realtà. Questo vale per il San Raffaele come per il Niguarda, gli Ospedali Riuniti di Bergamo o per qualunque struttura accreditata della Lombardia. Lavorando con i miei collaboratori, ho trovato degli strumenti per attrarre eccellenze e farle crescere. È la differenza che corre tra tra il buon amministratore che nel rispetto delle leggi cerca i modi per mantenere un’eccellenza e uno che dice “va bene, fallite pure e andate a ramengo”». Nel 2001 lei ha scritto anche che la Regione ha consentito «la trasformazione puramente nominale di posti letto di psichiatria. La tariffa è più remunerativa». Regolare? «Io non ho scritto questo nella lettera. Se poi qualche funzionario ha elencato questi atti, la legge dice che ne è responsabile il funzionario. Io non ho fatto alcun favore e non ho fatto nulla contro la legge». Sta dicendo che nella seconda parte della lettera, ovvero l’elenco scritto dai suoi funzionari, qualcosa ai limiti della legalità c’è, quindi? «No, perché parliamo di un testo che la magistratura ha giudicato penalmente irrilevante già nel 2005. Materiale che, per altro, è coperto da segreto istruttorio e che sarei curioso di sapere come è finito sui quotidiani. Vedremo come va avanti l’operazione fango contro Formigoni». Operazione fango? «Il Corriere ha preso il nome del governatore della Lombardia e lo ha sbattuto in prima pagina. Lo ha additato come responsabile di comportamenti scorretti. Il tutto per fare pubblicità a un libro. È uno spot. E quindi chiederò loro le royalties attraverso i miei legali. Non valgo meno di Belen da questo punto di vista». di Lorenzo Mottola