Pd, maxiprocesso a Bersani: rischia per,,, Nonna Papera
Il mafio e l’antimafio. Due mondi, due visioni della Sicilia che si contendono le primarie del centrosinistra a Palermo. L’immagine emblema della vittoria sta tutta lì: Antonello Cracolici conta e riconta, grida al telefono, chiede «dove mizzica sono finiti i voti di Piazza Ermellino?». Suo compare Peppe Lumia è dietro Fabrizio Ferrandelli, 31 anni, da ieri notte il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra fu Ulivo, fu Unione, a Palermo. Contano e ricontano. A mezzanotte, mezzanotte e mezzo, all’una. Poi tutto «appatta», Fabrizio ha vinto. Antonello Cracolici lascia il pennarello rosso con cui scriveva sulla lavagna, si emoziona e dice: «Lasciatemi abbracciare…». Corre verso Ferrandelli. Ma alla fine lo scarta e abbraccia Lumia. Lascia il giovane Fabrizio, il Davide che ha battuto Golia, tra le braccia di Sonia Alfano figlia di Beppe, anche lei dissidente Idv. Perché Antonello il rosso deve abbracciare commosso Peppe Lumia, suo compare. Perché loro hanno battuto la Borsellino, sostenendo Ferrandelli. Ma hanno battuto anche Pierluigi Bersani. E anche Giuseppe Lupo, il segretario regionale del Pd, del quale alla conferenza stampa di ieri è stata chiesta «la testa». «Certo – ha detto Cracolici – Lupo adesso deve trarre le sue conclusioni». Ma mentre «nella notte della rivoluzione», come l’ha battezzata Ferrandelli, poiché i festeggiamenti si sono consumati a Piazza della rivoluzione nel centro storico di Palermo, si brindava, in via Bentivegna, sede del Partito democratico, era tragedia. I ferrandelliani – e quindi anche i cracoliciani – erano già in piazza, al Pd riconteggiavano. E anche lì scene da delirio. «Ma non è possibile! Ridammi i voti di Piazza Campolo!», «Mondello è nostra … anzi no». Fino alle imprecazioni: «Ma si può sapere chi è il rappresentante di lista a San Lorenzo?». Al contrario di quanto era accaduto al quartier generale di Ferrandelli, al Pd, dove sono radunati i sostenitori della Borsellino, i conti non tornano. «Non appattano». Nonna Papera non ce l’ha fatta. Nonna Papera, detto per inciso, è come la chiamano i giovani che la supportano. Affettuosamente, per sentirla a loro più vicina. Insomma, come un vezzeggiativo. Ma qualcuno, sottovoce, si chiede: «Ma lei lo sa che la chiamano così?». Chissà se lo sa Bersani, che per colpa di Nonna Papera adesso deve dare conto e ragione agli amici di Arraffaele, Lumia e Cracolici, i «golpisti» del Pd che tengono in piedi Lombardo all’Ars. Chissà se lo sa Giuseppe Lupo che adesso deve dare una risposta alla mozione di sfiducia presentata da Antonello e Peppe, i due compari che l’hanno fatta grossa. A proposito: nella giornata dei funerali di Lucio Dalla anche a Palermo, tra i ferrandelliani – o ferrandellini, ancora non è stata fatta chiarezza – c’è chi ha intonato beffardamente «Attenti a Lupo», commentando che il Lupo democratico, a differenza di quello di Dalla, non fa paura. E dire che per lui la giornata era cominciata bene, quando si era presentato a Villa Igiea, insieme all’ex segretario della Cisl Sergio D’Antoni, per portare i saluti al «compagno» – hanno detto proprio così – Carlo Vizzini alla convention del Psi di Nencini. Chissà se lo sa Tonino Di Pietro che alla Borsellino la chiamano Nonna Papera. Lui è uno che ai nomi ci sta attento. Tant’è che venerdì scorso, quando era a Palermo per ribadire il sostegno a Rita, ha dichiarato: «Una che si chiama Borsellino merita di governare questa città». Bravo Tonino: la meritocrazia è una cosa importante. Chissà, infine, se lo sa lei, Rita Borsellino, che i suoi la chiamano Nonna Papera. Ma ammesso che lo sappia, immaginiamo che per ora abbia altri problemi a cui pensare, se è vero che il suo mandante, Leoluca Orlando, ha chiesto ancora di ricontare delle schede. Manco se Nonna Papera fosse Putin. di Ciccio Tumeo