Mughini scrive una lettera al No Tav che bela agli agenti
Caro Marco Bruno, noi non ci conosciamo. O meglio io un po’ conosco lei per averla vista in azione due volte alla televisione. La volta che si chinava verso un giovane carabiniere che contro di lei non stava facendo nulla di nulla, solo il suo mestiere di guardiano della repubblica democratica a 1200 euro al mese, e che lei stava insultando e dileggiando come si farebbe solo con un essere reputato razzialmente inferiore. La seconda volta quando l’hanno intervistata in una trasmissione televisiva, e lei ha fatto un tantino marcia indietro, ha accennato un’autocritica, ha riconosciuto di avere visto negli occhi del suo interlocutore la giovinezza e la lealtà, e ha confessato che tutte quelle bravate e scemenze le stava pronunciando per «paura». Lei ha 28 anni, il ragazzo con il casco da carabiniere che non le ha detto nemmeno una volta «vaffanculo» ne ha 25. Una cosa è certa, a creare la «paura» in Val di Susa siete voi, lei e tanti dei suoi compagni. A creare la paura, lo scompiglio, le fiamme, sono i vostri blocchi stradali, le vostre incursioni nelle stazioni ferroviarie dove gli italiani stanno andando al lavoro o tornando dal lavoro, le vostre sassaiole contro i carabinieri, quelli tra i vostri che al modo di energumeni si lanciano contro tutto ciò che può essere divelto o distrutto, i vostri metodi di azione e protesta contro la linea veloce Torino-Lione, contro una decisione presa da non ricordo più se due o tre governi della Repubblica, contro un impegno assunto dal governo italiano nei confronti dell’Europa, contro un itinerario ferroviario che la nostra dirimpettaia Francia sta già costruendo, e non credo che i francesi siano tutti degli stronzi cui mancano le vostre lezioni di vita e di politica. Certo che la democrazia consente la libera espressione di tutti i dubbi, di tutte le sfumature di pensiero, di tutte le contestazioni, certo che lassù in Val di Susa molti di quelli che bestemmiano contro la tratta di percorso veloce sono delle bravissime persone, che temono per la loro salute o che ritengono che il gioco non valga la candela in termini di miliardi di euro spesi. (E a proposito, brindiamo io e lei al fatto che sia fuori pericolo Luca Abbà, il militante anarchico No Tav caduto giù dal traliccio su cui si era arrampicato.) Tutto questo nessuno ve lo nega, né i ministri del governo Monti e neppure i giornalisti di Libero che voi dite pagati dai servizi segreti. E a proposito se mi indicate qualcuno dei miei amici di Libero che sia pagato dai servizi segreti, fatemene il nome e cognome (e le prove) e io andrò a sputargli in faccia. Non che ci sia niente di male a lavorare per i servizi segreti, ma non è buono fare assieme il giornalista e l’agente alla Tom Cruise. Torno ai termini della sua autocritica, che mi piacerebbe fosse stata pronunciata da altri della sua gente. Leggo che un paio di volte l’hanno beccata con addosso oggetti destinati a far male, leggo di altri che la definiscono un bravo ragazzo. Come quasi tutti immagino lei sia l’uno e l’altro, un po’ uno che cerca baruffe e un po’ una buona persona. Ho avuto anch’io vent’anni, non è esattamente che cercassi baruffe, certo andavo in giro a schiamazzare e protestaree non me ne pento affatto. Poi tornavo a casa, dove mia nonna aveva preparato gli spaghetti. Adesso non mi potrei permettere neppure una volta di uscire in un corteo, perché devo lavorare come un dannato per campare, per compilare gli F24 e trovare gli euro di che pagarli. Beati voi che ve lo potete permettere. Di continuare in un’azione di protesta, che è però cosa diversa dalle guerre di religione, di quelle che durano i secoli. Ci scommetterei mille euro che molti dei vostri che si avventano non sanno neppure di che cosa si sta discutendo, e quale sia esattamente la posta in gioco. Val di Susa è diventato il teatro simbolico e fantasmatico per esercitare la Ribellione Totale. Tanti di voi sono delle brave persone (di certo lo è Abbà), altri sono professionisti del disordine e della violenza, professionisti del casco e del bastone. Professionisti del nulla. Al tempo in cui io avevo la sua età, molti di noi erano ragazzi ardenti e appassionati che volevano un’Italia migliore, e anche se non sapevano esattamente come e quale. Poi nelle nostre fila cominciarono a scorrazzare quelli che avevano in tasca una pistola. E divenne un’altra storia, orrenda e sanguinosa. Lei non aveva nessuna pistola da usare contro il giovane carabiniere che le stava di fronte. Ha usato solo parole offensive, molto offensive. Ha tutto l’agio per trarsene indietro, per stare alle sue ragioni che nessuno disconosce. Per stare civilmente alle sue ragioni, che non sono quelle di minacciare e picchiare cameramen e giornalisti. Quella non è protesta. Si chiama squadrismo, ed è un dramma che l’Italia ha già vissuto nel 1919-1922. E come diceva quel tale, la prima volta che succede è una tragedia, la seconda è una farsa. Dove però ci può scappare il morto. Spero e sono convinto, caro Bruno che lei non se lo auguri, né si auguri le fiamme e le sassaiole a oltranza. Di Giampiero Mughini