Pdl, per amministrative Berlusconi non ci mette né la faccia né i soldi
Già, ma chi paga? Qui tutti parlano di candidati, di liste civiche o politiche, di alleanza difficili e sondaggi poco confortanti. Dimenticando il conto: a chi spetta l’onere delle spese elettorali del Popolo della libertà? Fino a che Silvio Berlusconi era presidente del Consiglio e indiscusso leader di partito (cioè fino all’ultima campagna elettorale), il problema non si poneva: se i conti del partito erano in rosso e se la cassa di via dell’Umiltà non era tanto grande da sostenere il battage dei candidati, arrivava il soccorso azzutto. Il Cavaliere tirava fuori la grana che mancava e tutto andava a posto. Non solo quattrini, ma anche fidejussioni bancarie personali: nel corso degli anni l’ex premier ha garantito i debiti di Forza Italia prima e Pdl poi per 178 milioni di euro. Non costerà come il Milan, ma la passione politica è stata onerosa per l’uomo di Arcore. E parecchio. Adesso che lo stesso Berlusconi ha messo in discussione il proprio ruolo, facendo un passo indietro e nominandosi “padre nobile”, chi li caccia, questi soldi? Eccoci arrivati al tema del riunione che si è celebrata ieri, a Palazzo Grazioli, con l’ex premier, il segretario Angelino Alfano, il tesoriere Rocco Crimi, i coordinatori, i capigruppo e i vice capigruppo del Pdl in Parlamento. Silvio ha messo i suoi uomini di fronte a due realtà. Nota, la prima: il ruolo più sfumato del Cavaliere nel partito e la sua intenzione di non voler fare campagna elettorale in prima persona. Intuibile, la seconda: c’è la crisi e anche l’uomo più ricco d’Italia deve tirare la cinghia. «Guardate», Silvio ha scherzato con i suoi ospiti indicando il centrotavola, «quelli sono fiori finti: non ho neanche più i soldi per comprare quelli veri!». Una burla. Ma la sostanza è questa: la campagna elettorale per le Amministrative 2012 sarà al risparmio. Spese centellinate e indirizzate a sostegno di quei candidati che hanno qualche possibilità di vincere: «Si tratta di un voto locale senza conseguenze politiche, evitiamo di caricarlo di significato, minimizziamo», si è raccomandato Berlusconi. Nessuna campagna faraonica, non ne vale la pena. Anche sulla caccia agli alleati, Silvio si è messo l’animo in pace. C’è un ultimo disperato pressing sulla Lega per le comunali del Nord (ieri lunga chiacchierata in Transatlantico tra Mariastella Gelmini e Marco Reguzzoni). Parallelamente Alfano sta tentando il tutto per tutto con l’Udc a Palermo. Dovessero andare in fumo le trattative, il Pdl si preparerebbe alla corsa solitaria. Mimetizzando l’emorragia di voti dietro la presentazione di una o più liste civiche di area. Ma il discorso a Palazzo Grazioli non si è focalizzato solo su questo. «Il Pdl presenterà una proposta sul trasparente funzionamento e finanziamento dei partiti», twitta Alfano a fine riunione. A via dell’Umiltà stanno studiando un provvedimento per dare attuazione all’articolo 49 della Costituzione, quello relativo ai partiti. C’è la storia di Lusi (il tesoriere della Margherita che ha fatto sparire i soldi); c’è la vicenda delle tessere false del Pdl; ci sono i sondaggi particolarmente critici verso la casta della politica. Allora l’intenzione di Berlusconi è di restituire dignità al mestiere («Facciamolo noi, prima che altri si impossessino del tema») proponendo una legge sui partiti: da fumisterie a «case di vetro». L’idea originaria di Silvio era di far nascere, accanto al Pdl, una fondazione deputata a raccogliere il frutto della generosità dei finanziatori privati. Il progetto poi si è fermato, in attesa di capire se c’è margine per l’approvazione di una legge che introduca nuove regole per il finanziamento dei partiti. Inutile creare un nuovo ente che affianchi il movimento politico, se poi cambia la normativa sul fund raising. di Salvatore Dama