L'ex brigatista lavora in Rai: ultrà rossi tutti a nostre spese
Non c’è solo Maurizio Azzollini capo di gabinetto del vicesindaco di Milano. I compagni come lui avranno pure sbagliato, ma in fondo a tutto c’è rimedio. Regolati i conti con la giustizia, per tanti ex terroristi si sono spalancate le porte di amministrazioni pubbliche, palazzi del potere, tv di Stato. Libertà accompagnata da un posto sicuro, magari non fisso, ma quasi sempre a spese nostre. E non importa se i familiari delle vittime del terrorismo protestano, chiedono giustizia e scrivono lettere alle autorità: fuori dal carcere è iniziata una seconda vita per chi negli Anni di piombo ha eliminato quella altrui. Molti invocano il (sacrosanto) diritto all’oblio, però la cronaca non si cancella. E chi, come Maurizio Iannelli, decide di lavorare nella comunicazione, per di più alla Rai, sa che è difficile rimanere nell’ombra. Del resto, per conoscere la sua biografia, il prima e il dopo, basta andare su Wikipedia. L’incipit parla da sé: regista, scrittore ed ex terrorista italiano. Nessun mistero, nessun pentimento. Dal crimine vero a quello da film. Iannelli è stato uno dei più importanti componenti della colonna romana delle Brigate rosse. Ha partecipato a varie azioni terroristiche, tra cui la strage di via Fani, è stato condannato a due ergastoli nei processi Moro Bis e Moro Ter. In semilibertà dal 2003, si può dire che ha trasformato l’esperienza sul “campo” in una sorta di corso intensivo per diventare autore di successo. Non è nei palinsesti con format di cucina o di gossip l’ex capocolonna delle Br, ma firma “Amore criminale”, programma di Raitre che parla di stalking e violenza contro le donne. Storie brutali perché vere: quasi sempre le donne finiscono uccise dai propri partner. Il curriculum professionale di Iannelli è ricco: si va da “Un bel Ferragosto”, film-documentario sulla fine di un amore di una giovane coppia romana (spogliarellista lei, disoccupato lui), alla docu-fiction “Residence Bastogi”, che in otto puntate sviscera il tema delle baby gang della Capitale in una periferia realmente degradata della città, a “Liberanti”, realizzata in carcere per Foxcrime e Cult; a “Reparto Trans”, un viaggio nel mondo dei transessuali detenuti a Rebibbia. Tutte opere premiate e riconosciute dai critici, un mix di talento ed esperienza diretta, come le due serie “Città criminali”, dove si racconta la lotta tra legalità e illegalità in Italia, miglior documentario al Roma Fiction Fest nel 2008. Iannelli collabora con la Rai (ma non solo) dal 1999. Nel biennio del governo Prodi, dal 2006 al 2008, la casta degli ex terroristi rossi è tornata alla ribalta: pagata dai contribuenti. Il paradosso è che al Viminale, centrale della sicurezza per eccellenza, l’allora sottosegretario rifondarolo ha nominato segretario particolare un ex brigatista della colonna veneta. E nel 2006 alla Camera fece discutere l’ex dirigente di Prima Linea, Sergio D’Elia (ora uno dei capi di Nessuno tocchi Caino), nominato segretario d’Aula. Con Walter Veltroni sindaco di Roma e Oliviero Diliberto Guardasigilli si assiste al ritorno in patria di Silvia Baraldini. Gli Stati Uniti l’avevano condannata a 43 anni di galera per associazione sovversiva, da noi nel 2003 firma un contratto di consulenza sul lavoro femminile, e i familiari delle vittime fanno un esposto in procura. L’ex primula rossa dell’Unità Comuniste combattenti, Claudia Gioia, condannata per l’omicidio del generale Giorgieri e per il ferimento dell’economista Da Empoli, ottiene una consulenza al Macro di Roma, il museo di arte contemporanea. Oggi lavora altrove. La Provincia di Roma, invece, ha assunto e promosso a dirigente di un centro per l’impiego Ave Maria Petricola: arrestata nel 1981 con l’allora compagno brigatista e in primo grado condannata per il sequestro Moro, nel 1987 la sua pena è stata cancellata con l’amnistia. Polemiche anche in Toscana, dove la sinistra ha riabilitato vari protagonisti della stagione dell’odio politico. Li ha innalzati a intellettuali e fini pensatori. A Giovanni Senzani, irriducibile criminologo delle Br, ergastolano e coinvolto nell’omicidio di Aldo Moro, fu offerto un posto nel centro di documentazione regionale denominato “Cultura della legalità democratica”. A Livorno, l’ex di Prima Linea e già consigliere Ds, Marco Solimano, è diventato il Garante dei detenuti. E nel 2009 a Barbara Balzerani, la compagna “Luna” del commando che rapì Moro, il sindaco Pd di Aiello Calabro ha allungato un contributo pubblico. Motivo? Il suo libro “Perché io, perché non tu”, sui «fratelli guerrieri metropolitani che hanno sfasciato Genova», è uno strumento didattico da consigliare per conoscere la storia degli anni Settanta. di Brunella Bolloli