Festival come Fantozzi Televoto fa flop
Devono aver pensato: lì si suona musica d’evasione, dunque noi ci presentiamo e li prendiamo con le mani nel sacco. Ed è stato così che la Guardia di Finanza è apparsa ieri nel centro di Sanremo per controllare ricevute e scontrini in negozi, bar e ristoranti. Le Fiamme gialle si sono date da fare soprattutto in via Matteotti, tra l’Ariston e il Casinò, nell’ennesimo, spettacolare, rastrellamento anti evasori. Le agenzie di stampa precisavano tuttavia che non si è trattato di un blitz, bensì di un intervento svolto «in maniera discreta», anche da militari in abiti civili. Forse in ossequio al Tassator cortese che ci governa. guarda le foto nella gallery Intanto dietro le quinte del teatro accadeva di tutto. Nella selva di animali preistorici sanremesi - tra il Morandisauro e il Celentanosauro - a finire fuori combattimento causa dolori cervicali è stata la diciannovenne Ivana Mrazova. Corsa in ambulanza verso l’ospedale nel pomeriggio, puntata d’esordio persa, intero festival a rischio. In soccorso, ecco giungere Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez, le vallette dell’anno scorso, convocate d’urgenza come corpetti d’assalto. Il loro intervento era già previsto, ma per questa sera: si vede che a forza di ripetere il mantra «stiamo uniti», Gianni Morandi non ce la fa più a separarsi dalle piacenti figliole. Aggiungiamo il ritorno di Luca e Paolo, e la squadra del 2011 è al gran completo: si sono clonati, tanto Sanremo è sempre uguale a se stesso. Non a caso, a salire sul palco per primi sono stati i due ex mattatori delle Iene, che hanno iniziato riproponendo un pezzetto della canzoncina di dodici mesi fa: Ti sputtanerò. Subito dopo, hanno intonato la nuova perla satirica, stavolta incentrata sulla nostalgia per Silvio. Sull’aria di Uomini soli dei Pooh intonavano: «Con Mario Monti no, non si posson fare lazzi, per la satira son cazzi. (...) Non c’è uno straccio di intercettazione, le escort sono in cassa integrazione». E giù a sbertucciare i vari Santoro, Saviano, Dandini e Guzzanti distrutti dall’addio del Cavaliere su cui avevano costruito la carriera di arruffapopoli e telemartiri («Ma che fine farà la mia comicità, se si è dimesso lui chi mi censurerà?»). Il tutto condito da battute fuori dalle righe: «Potrei forse fare il botto, se dicessi che ci ha rotto questo articolo 18. Ma lo dico con rispetto, lo sai che non si può far battute sui tassisti, su Saviano e i giornalisti, e se tocchi la Camusso come comico sei fesso perché perdi il posto fisso». Azzeccata conclusione: «O signore del creato, te lo chiedo inginocchiato, fa che torni quel pelato...». Concedendosi qualche parolaccia, hanno pure fatto il verso all’intervento di Benigni dell’anno passato, confermandosi dotati di un bel coraggio e di un gran talento. Poi si sono dedicati a massacrare Celentano, con interminabili pause silenziose e battute geniali («Lui è uno che non si può comprare. Adriano, il Noleggiato» e ancora, scritta su una lavagna: «Caro Adriano, avevi torto. La foca ha rovinato il Paese» ). Purtroppo, però, di Celentano ci siamo dovuti sorbire anche quello vero, direttamente dal Paleozoico. Della sua invadenza si è lamentato persino Francesco Renga: «50 minuti senza interruzioni? Mi sembra eccessivo», ha ringhiato il cantante. «Facciamo la cornice di Celentano. Direi che non contiamo una beata fava». Sante parole, più che per la musica, le orecchie si son tese in ascolto delle svalvolate del Molleggiato. Ed è un peccato, perché Ci vediamo a casa di Dolcenera non è male per niente; Samuele Bersani si ricicla come al solito, ma non disgusta. Lo stesso Renga rimedia una bella figura. Noemi, invece, porta i capelli come Milva e infila qua e là qualche fastidiosa stecca. Nel frattempo, il sistema di voto va a ramengo e i giurati strepitano. Fortuna che a rinfrancar lo spirito, prima che arrivi l’Adrianosauro, ci pensa Rocco Papaleo con i suoi occhi spiritati. Più invecchia, più è bravo. Appare avvolto in un loden blu, annuncia che sarà un «conduttore tecnico» e precisa: «Se fossi venuto l’anno scorso, mi sarei presentato in vestaglia». Stavolta, purtroppo per Papaleo (e per il resto degli italiani), l’unico che può permettersi la vestaglia è proprio Celentano. Al Festival può parlare quanto vuole, ha facoltà di dire quel che gli pare, si permette di rifiutare interruzioni pubblicitarie. Si comporta come se fosse a casa sua. Solo che paghiamo noi. di Francesco Borgonovo