Tosi ora si ribella al Senatùr: "Caro Bossi, farò la mia lista"

Nicoletta Orlandi Posti

Flavio Tosi non molla. In vista delle amministrative di Verona insiste con l’idea di lanciare la sua lista personale nonostante il niet del Carroccio. Spiega, il primo cittadino, che «per rappresentare al meglio tutta la città» vorrebbe essere sostenuto dalla Lega, dalla sua formazione personale e dai Pensionati. Il movimento padano non vuole la lista Tosi? «Ci si chiarirà» giura l’interessato. Che aggiunge: «Il mio è un disegno che punta a una coalizione che sia il più rappresentativa possibile dei cittadini veronesi. Perché, come abbiamo cercato di dimostrare in questi cinque anni, il sindaco deve essere il sindaco di tutti i cittadini». Nessuno strappo con Umberto Bossi: «Secondo me non è una questione di cambiare idea» spiega Tosi. Si tratta «di guardare il programma, i numeri e vedere quale è il modo migliore per governare e dare una risposta ai veronesi». E poi: «Il problema della lista Tosi esula dalle elezioni amministrative e fa parte della dialettica interna al movimento». Silenzio dai vertici veneti della Lega, a partire da quel Giampolo Gobbo che è tra i più fieri opposizioni del disegno di Tosi. Idem l’ex ministro e coordinatore delle segreterie, Roberto Calderoli. Nell’attesa di reazioni da via Bellerio, Tosi ha ingaggiato un duello a distanza col coordinatore regionale veneto del Pdl Alberto Giorgetti. L’azzurro attacca dandogli dello «Schettino», perché «quando vede il rischio che la sua esperienza amministrativa affondi, tenta il recupero personale abbandonando assessori leali che hanno sempre approvato le sue scelte in 5 anni di mandato parlando di traditori pidiellini». Il sindaco replica: «Vedo che l’attuale situazione politica sta creando delle reazioni piuttosto vivaci. La polemica ci può stare perché offre la possibilità alle tv e ai giornali di riempire i propri spazi, ma a me, la polemica fine a se stessa non interessa». Mentre a Verona le acque sono agitatissime, si muove qualcosa anche a Milano. Più precisamente al Pirellone, dove ieri si sono incontrati il governatore Roberto Formigoni e l’ex ministro Roberto Maroni. Con i due si è presentato anche Attilio Fontana, sindaco leghista di Varese, perché il vertice doveva discutere di un progetto per la città lombarda. A margine della chiacchierata, Maroni e Formigoni hanno discusso informalmente di temi di politica nazionale. È stato il primo faccia a faccia tra il governatore lombardo e un alto dirigente lumbard dopo l’aut aut di Bossi: se il Pdl non molla il governo - aveva ringhiato il Senatur - noi mandiamo a casa la giunta lombarda. Ma proprio Maroni aveva frenato, assicurando che la Lega è un partito leale e che vuole mantenere gli impegni presi con gli elettori. Ieri, Bobo ha incontrato i militanti in quel di Brescia. E non ha risparmiato una stoccata al presidente della Provincia e parlamentare lumbard Daniele Molgora, che ha fatto ricorso contro i tagli ai vitalizi dei parlamentari: «È un ricorso che non ha alcun senso. Gli abbiamo chiesto di ritirarlo e spero che lo faccia. Altrimenti credo che la Lega dovrà prendere provvedimenti». L’ex ministro attacca anche il governo Monti: «Sul federalismo tutto si è fermato, anzi si va indietro». di Matteo Pandini