Angeletti spacca i sindacati: reintegro art. 18 "sbagliato"
All’indomani della sentenza che reintegra nel posto di lavoro ex articolo 18 un operaio il quale, nonostante figurasse in malattia, aveva partecipato al blitz dei centri sociali contro il segretario della Cisl Raffaele Bonanni (culminato col lancio di un fumogeno addosso al sindacalista), l’occasione era troppo ghiotta. Piazza del Pantheon, ore 15: presidio unitario dei sindacati per protestare contro la riforma delle pensioni. I grandi capi di Cgil, Cisl e Uil insieme sullo stesso palco: circostanza ideale per provare a sapere che idea si siano fatti della vicenda. A cominciare dalla parte in causa: Bonanni. Che, non appena capisce dove il cronista sta andando a parare, lo disarma col più cordiale dei sorrisi: «Mi spiace, ma questa è davvero l’unica domanda a cui non posso rispondere. Provi a chiederlo agli altri sindacalisti». Detto, fatto. Il segretario generale della Uil Luigi Angeletti, a domanda sulla sentenza, sulle prime si schermisce («Eh, cosa vuole che le dica...»), però poi ci pensa su un istante e risponde: «Io non faccio il giudice», premette, «ma se quel giudice fossi stato io, non l’avrei reintegrato». Va peggio con Susanna Camusso che, raggiunta dopo il comizio e richiesta di commento, nemmeno si volta per guardare in faccia l’interlocutore col risultato che la stringata non-risposta (che per la cronaca è: «Domanda sbagliata») dà l’impressione di giungere da qualche parte della sua nuca. Il giro di opinioni di cui sopra documenta con una certa plasticità come, nonostante dal palco i tre abbiano usato argomentazioni tutto sommato analoghe in difesa dell’articolo 18 (assai gettonato il «non è vero che le aziende straniere non investono in Italia perché i lavoratori sono troppo tutelati»), le posizioni almeno sul caso del malato al sit-in divergano. Col sindacato più a sinistra che certifica di avere eretto la propria linea gotica sull’articolo 18 e con quello più riformista che, invece, qualche dubbio sulle storture che questo può partorire pare averlo. Né sembra che la proposta della Cisl di escludere dalla tutela dell’articolo 18 i licenziamenti per ragioni economiche abbia sortito grossi effetti: «Non ci piace», taglia corto la Camusso. Dove la Triplice marcia compatta, invece, è il terreno delle pensioni. Qui la linea è una sola: i partiti devono smetterla di funzionare da pigiabottoni dei professori ed alzare la voce per correggere la riforma previdenziale. Bonanni auspica che «in Parlamento si riesca a recuperare gran parte delle vicende non ancora risolte», mentre secondo Angeletti «quella delle pensioni è una riforma che neanche nel nostro peggiore incubo avremmo potuto immaginare». Più dura, al solito, la posizione del segretario generale della Cgil: «La parola “rassegnati”», attacca la Camusso dal palco, «non fa parte del nostro vocabolario, in particolare in questa stagione così delicata». E le voci di scambio tra correttivi alla riforma delle pensioni e via libera sull’articolo 18? Tutto falso: «L’articolo 18», scandisce la numero uno di Corso Italia, «è una norma di civiltà e non ha nulla a che fare con la discussione che stiamo facendo». di Marco Gorra