Irene Pivetti sfrutta la Camera per farsi i fatti suoi...

Nicoletta Orlandi Posti

Venerdì si è occupata di mozzarelle di Battipaglia e agrumi del Salernitano, prodotti che sarebbero pronti per l’esportazione in Cina. Anche se, perché una donna è sempre una donna anche se “business is business”, si dice preferisca occuparsi di scarpe e gioielli. Irene Pivetti, presidente emerito della Camera dei deputati, nella sua “terza vita” è una lobbista di successo. Un lavoro che svolge da qualche anno e realizza attraverso una Fondazione, che ha inventato nel 2008, e si chiama “Learn to be free”. Niente di male, anzi. L’onorevole Pivetti, già giovanissima terza carica dello Stato leghista, dopo  un fugace passaggio per l’Udeur di Clemente Mastella, si è rimessa in gioco. Non ha rincorso posti in parlamento, né si è accontentata di fare la giornalista e conduttrice tv, ma, anzi, ha deciso di sfruttare la sua preziosa esperienza dentro le istituzioni, di trasformare i suoi rapporti politici in un lavoro. Di quella esperienza che fece da giovanissima conserva due cose: il titolo di “onorevole” e la dotazione che, da sempre, la Repubblica riconosce a chi è stato presidente della Camera. Cioè una automobile, un ufficio a Montecitorio, una segreteria. Ce l’ha come ce l’hanno Luciano Violante o Pier Ferdinando Casini, come ce l’aveva Giorgio Napolitano. Il problema è che quando, settimana scorsa, i presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, hanno annunciato di voler mettere mano alle guarentigie degli ex presidenti, Pivetti si è indignata. «Che costo è?», si chiedeva. Si oppone ai tagli perché quell’ufficio alla Camera le è utilissimo. Tanto che proprio venerdì, a polemica iniziata, ha spedito dalla sua email (della Camera, ovviamente) un invito a tutti i colleghi deputati: «Onorevole, il 21 febbraio, l’Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani presenta lo Shoe Report 2012, nella Sala del Mappamondo e mi farebbe molto piacere vederTi partecipare all'iniziativa». Quindi lo “spot”: «La presentazione del IV rapporto dell’associazione rappresenta un’occasione di coesione tra il modo imprenditoriale e le istituzioni. Un saluto, Irene Pivetti». Classico lavoro da lobbista. Chiosa finale: «La mia segreteria è a disposizione per chi decidesse di partecipare». L’articolo di Libero ha fatto il giro del web. Così l’ex presidente, intervistata alla radio, ha ammesso:  «Sì, è vero faccio la lobbista per diverse associazioni e aziende, e utilizzo il mio ufficio alla Camera anche per la mia attività professionale», ha detto a la Zanzara su Radio24. «Non vedo cosa ci sia di male  a utilizzare l’ufficio per il mio lavoro personale», ha aggiunto. Fare la lobbista è il suo lavoro, l’ufficio le spetta: «Non è un privilegio avere questo spazio, non lo sento come tale: non potrei permettermi un ufficio in centro con una segretaria per la onlus che ho creato. Se mi togliessero quell’ufficio sarebbe un’ingiustizia, un inutile accanimento. È giusto che chi è stato presidente continui ad avere con quell’istituzione un rapporto privilegiato. C’è un brutto clima da purghe staliniane: cosa vogliono farci? Mandarci fuori a calci nel sedere?». Pivetti, va detto, non percepisce il vitalizio come fanno moltissimi suoi colleghi parlamentari di inizio anni Novanta. «Sono una felicissima lobbista ed è una cosa che accade in tutto il mondo, ma gran parte del mio impegno è per attività no profit», ha aggiunto alla radio. Tra un no profit e l’altro, nell’attesa della conferenza con i produttori di scarpe, venerdì Pivetti è stata a Salerno, a stringere rapporti con le aziende locali, aiutata dall’amministrazione provinciale. E, attraverso la fondazione, porta avanti il suo progetto preferito: il gioiello etico. Che è un gioiello, ma con la filiera “doc”: sia il metallo prezioso che le pietre devono essere originarie di luoghi noti, non alimentare traffici loschi e organizzazioni mafiose.   di Paolo Emilio Russo