ElsaMonti Sei email per tre cuscini da 30 euro Quando la sobrietà diventa taccagneria
Denise Pardo, sull’Espresso, racconta una storia. La storia, scrive, «del cuscino della signora Monti». Più che una semplice storia, precisa, «una parabola, il modello di una società desiderabile, meglio di una favola di La Fontaine». Addirittura? Certo. In pratica la signora Monti va in un negozio di tessuti e osserva dei cuscini, «precisa che vuole spendere 30 euro, non uno di più», poi se ne va promettendo di decidere in tempi brevi e lasciando il suo nome: Monti. Il negoziante racconta poi che «per una vendita modesta, tre cuscini, ha dovuto mandare sei mail, riscriverne tre. Nella fattura gli è stato chiesto di specificare anche i singoli pezzi. Per non parlare del Durc, il documento unico di regolarità contributiva che certifica i versamenti previdenziali» a commessi e dipendenti. Naturalmente, scrive entusiasta la Pardo, «si è stra-capita l’aria del tempo. E il megatrend dell’austerità simboleggiato dall’acquisto della signora Monti e dal modo, sparagnino, anonimo, ponderato, ne è un ulteriore manifesto». Certo, forse un po’ troppo ponderato. Cosa ne penserebbe, la Pardo, se dovesse mandare nove mail e il documento unico di regolarità contributiva alla signora Elsa per venderle una copia dell’Espresso? E poi, insomma, tutto questo casino per un acquisto di trenta euro... Ma Monti non doveva semplificarci la vita?