Monti minaccia fiducia, Camusso minaccia guai
«Il Parlamento è sovrano. Ma il provvedimento ha una sua logica d’insieme. E sconsiglieremmo modifiche che facessero venir meno questa logica». Mario Monti, ieri in Libia in visita ufficiale al nuovo governo di Tripoli con cui ha ratificato un nuovo “Patto di amicizia” tra i due Paesi, torna sul tema delle liberalizzazioni, il giorno dopo il varo in consiglio dei ministri del decreto «cresci-Italia». E lo fa avvertendo i partiti, che già pensavano alle possibili modifiche da apportare in Parlamento. Il Professore, dunque, non gradisce modifiche. Anzi, ora si aspetta un passaggio parlamentare molto rapido e con pochissimi ritocchi. Se così non dovesse essere, dicono da Palazzo Chigi, il governo è pronto a mettere la fiducia. Come già avvenuto per il «salva-Italia». Anche se qualche ministro è contrario perché la fiducia, specie con una maggioranza bulgara, è pur sempre un segno di debolezza. Di buon mattino Monti si è letto i giornali. E, a quanto si apprende, è soddisfatto di come il decreto è stato accolto dalla stampa. Certo, le critiche non mancano. E diverse categorie sono sul piede di guerra. Ma molti editorialisti e commentatori riconoscono che l’esecutivo sta facendo quello che non è mai stato messo in campo in tutti questi anni. E questo dà soddisfazione al premier. Che però ora si aspetta il sostegno dalle forze politiche. «Non siamo più nell’epoca in cui l’esecutivo faceva una cosa e il Parlamento poi ne approvava un’altra. Monti è al governo con degli obbiettivi precisi. Se si dovesse rendere conto di non essere in grado di realizzarli, non ci penserebbe nemmeno cinque minuti a fare le valigie», spiegano da Palazzo Chigi. Dunque il premier in Parlamento sul decreto “cresci-Italia” si aspetta lo stesso comportamento visto per il “salva-Italia”. I partiti, però, tengono gli occhi aperti. Pier Luigi Bersani, per esempio, ha ribadito che il Pd «sostiene Monti senza se e senza ma, però questo non vuol dire che non saranno presentati emendamenti». E lo stesso si intuisce dalle parole di Angelino Alfano. «Gli sforzi del governo sono apprezzabili, ma noi lo sosterremo solo se centrerà l’obbiettivo di rendere un servizio al cittadino», afferma il segretario del partito berlusconiano. Unici pretoriani di Monti, dunque, sono i terzo polisti. «Saremo guardiani della tenuta e dell’ampliamento del decreto», dice Francesco Rutelli. Mentre secondo Pier Ferdinando Casini «al di là delle definizioni, si tratta di un provvedimento che né Prodi né Berlusconi avevano mai fatto». E se Emma Marcegaglia esulta, Susanna Camusso chiude la porta: «Le intemperanze liberalizzatrici porteranno solo guai». La partita, quindi, si sposta nelle stanze e nelle aule di Camera e Senato. Dove di capirà subito qual è la reale intenzione delle forze politiche. «Illustreremo le nostre ragioni al Parlamento e ai partiti. È vero che nella vita si può fare sempre di più e meglio, ma si può fare anche peggio…», osserva Monti. Che confida proprio nei partiti per convincere le categorie in rivolta. «Sono certo che anche le forze politiche, seppur con orientamenti diversi, potranno avere la voglia di persuadere le singole categorie che i provvedimenti sono nell’interesse generale dell’Italia», dice Monti. Secondo cui il decreto non può fare il miracolo di alzare gli stipendi, ma «attraverso una maggiore concorrenza, i prezzi potranno abbassarsi». E infine ripercorre il lunghissimo consiglio dei ministri di otto ore: «Cdm movimentato? Non me ne sono accorto. Però a un certo punto abbiamo interrotto per mangiare un tramezzino. Anche la sobrietà ha i suoi limiti…». di Gianluca Roselli