I conti pubblici migliorano, ma è tutto merito del Cav
Qualche giorno fa Mario Monti ha spiegato che non saranno necessari ulteriori sacrifici per gli italiani, visto che l’ulteriore intervento correttivo messo a punto dal governo tecnico a colpi di tasse e balzelli «permetterà al Paese di raggiungere un avanzo primario pari al 5% del Pil nel 2013 contro una media Ue stimata dello 0,5%». Bene, direte voi. La cosa curiosa è che il saldo primario (la differenza tra entrate e uscite dello Stato al netto della spesa per interessi) era già previsto al 5,4% nel 2013 dall’aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def) presentato da Giulio Tremonti a settembre, dopo la doppia manovra estiva (sempre a colpi di tasse e balzelli) messa a punto dal precedente esecutivo. A confermare che, forse, tutta questa grande operazione bipartisan dei tecnici piovuti dal cielo per salvare l’Italia facendoci stringere un altro po’ la cinghia non era poi così indispensabile ci ha pensato ieri l’Istat, diffondendo i dati sull’andamento della finanza pubblica a settembre. Intendiamoci, su crescita e sviluppo nei provvedimenti disposti negli ultimi anni da Tremonti c’era poco o nulla (anche per quelli dell’ex rettore della Bocconi, a dire il vero, siamo ancora in attesa), ma sul bilancio dello Stato c’è poco da dire. Nel terzo trimestre del 2011 l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche si è attestato al 2,7% del pil. Il valore è inferiore di 0,8 punti percentuali a quello registrato nel 2010, ma soprattutto è il miglior dato registrato dal terzo trimestre del 2008, quando gli effetti della crisi dei mutui subprime hanno iniziato a farsi sentire sull’andamento dei conti pubblici. Da record, stando al confronto con le medie europee e con molti dei Paesi saliti in cattedra negli ultimi mesi, anche il risultato sul saldo primario, chiuso nel terzo trimestre con un avanzo di 6,61 miliardi, ovvero l’1,7% del pil. Tasse su tasse? Inutile negarlo, ma i dati parlano di una pressione fiscale in rapporto al prodotto interno lordo, nell’intero periodo che va da gennaio a settembre, rimasta invariata al 43,2% rispetto al 2010. L’elemento più indicativo contenuto nei numeri snocciolati dall’Istat riguarda comunque proprio il saldo primario. È lì che il governo, al netto di interventi una tantum per aggredire lo stock stratosferico di debito pubblico che costa solo di interessi poco meno di 80 miliardi l’anno, può lavorare per riportare in equilibrio i conti. Non è un caso che le previsioni per il 2013 si concentrino proprio sul balzo dell’avanzo primario, che deve essere in grado di assorbire, oltre alla copertura delle uscite, anche gli oltre 4,5 punti percentuali di pil che si porta via il costo dell’indebitamento. Ad ottobre anche l’Fmi, per dare un sostanziale via libera alle misure varate dal governo Berlusconi, indicava nell’avanzo il dato su cui puntare gli occhi. Le stime del Fondo monetario per il 2013 fissavano l’asticella un po’ più in basso di quella del ministero dell’Economia, al 4,1%. Anche così, però, secondo l’Fmi, l’Italia sarebbe arrivata alla scadenza in forma migliore di Paesi come la Francia, l’Inghilterra, la Spagna e la stessa Germania, quasi tutti (tranne Berlino) ancora a combattere con un saldo primario negativo. Ebbene, i dati diffusi ieri dimostrano che le stime di Fmi e governo Berlusconi non erano così sballate, almeno nel breve periodo e prima che si profilasse all’orizzonte una recessione europea che spezzerà le gambe alla crescita già molto timida del nostro Paese. L’andamento dei primi nove mesi del 2011 è, infatti, abbastanza in linea con le previsioni. Grazie allo sprint nel terzo trimestre dell’1,7% Tremonti è riuscito a riportare il saldo primario nei primi nove mesi dell’anno in territorio positivo dello 0,3%. Rendendo così assolutamente a portata di mano l’obiettivo dello 0,9% indicato nel Def. Anche in questo caso la performance dell’Italia ci pone al di sopra della media europea, dove i bilanci si chiudono ancora con rossi molto più consistenti, compensati, però, da un minore peso del debito pubblico. di Sandro Iacometti twitter@sandroiacometti