Adesso Berlusconi si arrende "Con la Lega è tutto finito"

Lucia Esposito

«Con la Lega il rapporto è compromesso, Bossi è in balia di Maroni». Silvio Berlusconi riunisce i vertici del Pdl in serata a Palazzo Grazioli. Il primo punto della situazione al rientro dalle ferie natalizie. E la situazione è critica. Lunedì sera il Cavaliere ha avuto un incontro con il Senatur:  non è andata come ai bei tempi, racconta l’ex premier ai suoi, quando bastava fare leva sul rapporto personale per trovare l’intesa politica. No. Bossi non è neanche voluto andare ad Arcore, i due si sono visti negli uffici Fininvest di via Rovani, a Milano. Per dire la tensione. «La Lega non darà i suoi voti per salvare Cosentino, Umberto non ha voluto sapere ragioni», il primo sgarbo. Berlusconi «è angosciato» per la sorte dell’ex sottosegretario, confida il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto. L’altro è che l’ex ministro delle Riforme ha annunciato la corsa solitaria del Carroccio alle Amministrative: fine dell’alleanza, a Roma come in provincia. Su questo punto Silvio è ancora fiducioso («Sarebbe una strategia suicida, la loro»), ma si rende conto che la linea di via Bellerio, in questa fase, è dettata dall’emotività più che dalla ragion politica. In attesa che l’Umberto rinsavisca, Silvio  ha assegnato una missione ai suoi dirigenti: «Bisogna recuperare l’alleanza con l’Udc», sin dalle Amministrative di primavera.  Prima le emergenze però. Priorità al caso Consentino. Dopo l’ammutinamento leghista, il destino del coordinatore campano del Pdl è segnato. Berlusconi è indignato («È un’aggressione giudiziaria, non c’è nessun motivo che giustifichi la custodia cautelare»), Cicchitto minaccia conseguenze per la tenuta del governo tecnico: «Se qualcuno pensa che operazioni di questo tipo non peggiorino il quadro e i rapporti politici sbaglia in modo profondo». La fragile coalizione che regge l’esecutivo Monti potrebbe non tenere all’impatto deflagrante dell’arresto in diretta di Cosentino. Cosa che è chiara anche ai ministri: «Spero che la vicenda non intacchi il clima di collaborazione che c’è in Parlamento», dice il Guardasigilli Paola Severino. Sotto traccia si tratta. Ai voti del Pdl potrebbero aggiungersi i radicali: non bastano.  I vertici azzurri hanno sondato Udc e Pd: dietro il paravento del voto segreto  alcuni onorevoli centristi e democratici sarebbero anche  disponibili a dare una mano. Ma la paura è di scatenare la piazza, l’ira della gente che già ha in odio la casta. Prevalgono coloro che  pensano sia utile dare Cosentino in pasto alla folla per placare il furore antipolitico.  Nulla di personale, è il ragionamento, ma meglio a te che a me.   Vero: questo 2012 parte proprio in salita per il Pdl. Alfano ieri ha spedito una lettera a deputati e senatori: «Ho deciso», annuncia, «di istituire quattro tavoli». Su legge elettorale, Europa, liberalizzazoni, mercato del lavoro. A proposito delle regole di voto: è in arrivo la decisione della Consulta sul quesito referendario. Nel Pdl c’è chi ipotizza un accordo con Pd e Udc per riformare il sistema in modo da fare fuori Lega e Italia dei valori. Lo spirito di sopravvivenza - è il piano -  farebbe rientrare il Carroccio nei ranghi. Ma non c’è ancora una strategia definita. Si sa che a Berlusconi piace il «quartino di La Russa», ossia l’idea dell’ex ministro di assegnare il 25 per cento dei seggi con le preferenze, fermo restando l’impianto del Porcellum.  L’altra questione che agita il partito azzurro sono le liberalizzazioni. Da Berlusconi in giù, il Pdl è tutto un fermento antimontiano. Silvio critica il nuovo profilo dell’esecutivo («È tecnico ma sta diventando troppo politico»), in tanti annunciano il proprio no alle liberalizzazioni, se toccheranno ordini professionali, tassisti e farmacisti. Via dell’Umiltà elaborerà un proprio piano e sarà  Alfano a esporto venerdì a Palazzo Chigi, quando  incontrerà il presidente del Consiglio. di Salvatore Dama