Scazzi, al via il processo-show a Michele, Sabrina e Cosima
Il sogno. Si partirà dal sogno -anzi dall’incubo- d’una notte di mezza estate. Il processo di Avetrana, parte oggi, nell’Aula Alessandrini della Corte d’assise di Taranto; e parte senza prove regine, dall’ipotesi accusatoria appoggiata sul “sogno” del fioraio Giovanni Buccolieri; quello secondo cui Cosima Serrano è in carcere attestante che Sarah Scazzi sarebbe stata rapita in strada dalle due signore Misseri -Cosima e Sabrina, madre e figlia - accusate qui di aver ucciso la piccola quel 26 agosto del 2010. In pratica un afflato onirico -peraltro declassato da “visione” a “fantasia” da parte dello stesso autore - sarà la base di una sorta di Norimberga pugliese che di certo ha, finora, solo il chiassoso circo mediatico che le si sta montando attorno. Nonostante tre sentenze della Cassazione che sottolineano la mancanza di gravi indizi di colpevolezza in merito all’omicidio, la Corte d’Assise composta da sole donne dovrà decidere il destino di nove imputati totali. Nove. Tra costoro c’è pure quello “Zio” Michè Misseri, marito e padre della peggior letteratura, contadino che volle farsi star televisiva, accusato semplicemente di occultamento di cadavere assieme al fratello e al nipote. Sono decine i giornalisti accreditati, circa trecento i testi che l’accusa e la difesa invocano dietro al banco, centinaia di migliaia gli occhi puntati sul peggior delitto costruito sul nulla processuale. Il tutto mentre il sostituto procuratore Mariano Buccoliero, titolare dell’indagine, ha deciso di ritenere irrilevanti se non invereconde le autoaccuse di Misseri, roba che da sempre è ottimo materiale cronistico, nonchè fonte d’audience per tutti i talk show deputati alla cronaca nera. Altro paradosso del processo sarà che proprio il “sognatore” Buccolieri e tutte gli altri che hanno confermato di aver sempre saputo che il famoso sogno accusatore non era che - appunto- un sogno, si trovano ora indagate per false dichiarazioni al pm. La qual cosa scombiccherà ancora di più la vicenda. Non sarà un processo, questo. Sarà una passerella d’un’Italia malata nell’intimo del suo valore più sacro: la famiglia, qui ridotta ad una puntata dei Sopranos, ma senza un filo d’ironia. Tra i protagonisti della passerella ci saranno, nel bene e nel male, gli avvocati. Avvocati seri, come il professore Coppi, alieno ai riflettori, e difensore di Sabrina che pretende che i processi si celebrino sugli atti: «Dopo che ben due volte la Corte di Cassazione ha annullato i provvedimenti cautelari per mancanza di indizi di colpevolezza c’è solo da confidare ora che la Corte di Assise voglia valutare con la dovuta obiettività una vicenda che ha dell’incredibile nella misura in cui si vede circolare a piede libero una persona che non si stanca di ripetere di essere l’unico assassino». O avvocati meno seri, come quelli che hanno spinto i loro clienti, spesso quasi analfabeti, verso strategie processuali suicide ma assai adatte alla trama. Quelli che si sono resi portavoce di istanze che i clienti stessi ignoravano d’avere; e che hanno annunciato continui colpi di scena ad uso dei tg, sbagliando quasi sempre strategia ma guadagnandone in fama, seppure effimera. Del circo mediatico di Avetrana (che da mesi s’è conquistata su Wikipedia la voce annessa “Delitto di”) abbiamo fatto tutti un po’ parte come divulgatori, partecipanti o accorati spettatori. Sfileranno ancore le immagini del telefonino, del laccio, del garage, del pozzo “maledetto”, della casa “maledetta”, del paese i cui abitanti vengono ormai descritti come i montanari di “Un tranquillo week end di paura”, molti se non tutti tenutari di chissà quali segreti. Saranno molte le presenze, qui. Tranne, forse, quella della verità... di Francesco Specchia