Abbiamo una Casta da record: è la più cara di tutto il mondo
I parlamentari italiani sono i più cari del mondo. Ad ogni cittadino costano ogni anno 27,35 euro. Il doppio di quel che accade in Francia (14,42 euro), ancora di più rispetto agli Stati Uniti (11,45 euro ad abitante) e alla Germania (10,86 euro ad abitante). Il triplo del costo che sopportano gli inglesi per i loro politici (9,92 euro ad abitante), quasi sette volte la spesa di ogni cittadino spagnolo (4,89 euro). Bisognava attraversare l’Oceano, per trovare la risposta che da mesi si cerca in Italia. Volando fino a San Paolo, in Brasile, finalmente nessuno ha timori reverenziali nei confronti della casta italiana. Non ci sono Mario Monti che si inchinano all’autonomia del Parlamento, non ci sono commissioni come quella presieduta dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, che balbettano l’impossibilità di fare confronti. A San Paolo c’è un vero organismo indipendente, una sorta di Autorità brasiliana per la Trasparenza, che non ha avuto paura di valutare i costi - per loro eccessivi - dei parlamentari carioca. E per farlo ha raccolto dati nei principali paesi del mondo. Lo ha fatto come Libero aveva suggerito alla commissione Giovannini: nella maggiore parte dei casi trovando su Internet le risposte necessarie, in altri casi chiedendo i dati agli stessi parlamenti che non hanno opposto alcuna resistenza. Alla fine hanno messo in croce i politici brasiliani, i cui privilegi venivano ritenuti (specie quelli dei senatori) eccessivi, ma hanno fatto un gran regalo anche agli italiani. Perché quel confronto sarà utile a San Paolo, ma serve come il pane anche a Roma. Due giorni fa abbiamo pubblicato i dati complessivi sul costo del parlamento italiano, Camera e Senato, e della presidenza della Repubblica, mettendoli a confronto con i principali paesi europei. È venuto fuori che le tre principali istituzioni italiane sono le più care d’Europa: Quirinale, palazzo Madama e Montecitorio hanno ognuno il primo posto in classifica nel vecchio Continente. Tutti insieme costano 1,7 miliardi all’anno. Un miliardo e duecento milioni in più del costo medio europeo per parlamenti e presidenze della repubblica o case reali. Al secondo posto in Europa c’è la Francia, che non sorprende, essendo internazionalmente nota la grandeur dei politici francesi. Ma a Parigi quelle tre istituzioni costano quasi la metà di Roma: 973 milioni di euro. Grazie all’autorità brasiliana ora sappiamo che la politica in fondo ricalca quelle che furono le orme del calcio. I politici italiani sono campioni del mondo, non certo per efficienza: solo per quanto costano ai propri cittadini. Medaglia d’argento mondiale per i politici francesi e medaglia di bronzo per quelli brasiliani: un trio che unisce dunque le glorie pallonare con le miserie della politica. Brasile e Messico ci superano (l’Italia è al terzo posto) nella classifica che mette a confronto il costo per abitante dei parlamenti nazionali con il salario minimo annuale di un qualsiasi lavoratore. Ma non c’è da vantarsi: finiamo terzi solo perché il salario minimo in centro e sud America è assai più basso di quello italiano. In compenso con questo parametro l’Italia è tre volte più scandalosa dei francesi, e non c’è nulla di cui rallegrarsi. Finiamo al secondo posto mondiale alle spalle del Brasile invece quando - come fa l’Autorità per la trasparenza di San Paolo - si mette in relazione il costo per abitante di ogni parlamento con il pil pro capite di ciascun paese. Il Brasile, che è in crescita, ma ha una ricchezza inferiore a quella italiana, risulta in testa: il costo della politica è lo 0,18% del pil pro capite dei suoi cittadini. L’Italia si piazza al secondo posto con lo 0,11%. E le distanze sono nette con gli altri paesi ad economica comparabile: il Francia il costo della politica è lo 0,06% del pil pro capite, in Germania è lo 0,04%, negli Usa e nel Regno Unito è lo 0,03%, in Spagna è lo 0,02%. Si va dunque da un costo che è un quinto di quello italiano fino al massimo a un costo che è la metà di quello italiano. La bulimia dei palazzi della politica italiana è così macroscopica ed evidente che davvero non si comprende come qualcuno a Roma possa ragionevolmente difenderne ancora lo status. Monti sembra rifiutarsi di tagliare i trasferimenti ai palazzi che buttano via inutilmente tanti soldi degli italiani. Si pensava che un governo tutto tecnico - il primo nella storia di Italia - trovasse quel coraggio e quel buon senso che alla classe politica è sempre mancato. Ma in fondo nel governo tecnico proprio l’uomo chiave di questa operazione (il premier nonché ministro dell’Economia) è il solo neo-politico: Monti, che da novembre è senatore a vita con lo status di tutti gli altri abitanti del palazzo. Gli è bastato ben poco per assumere i vizi di tutti gli altri appartenenti della Casta e gettare al vento un’occasione storica. Forse c’è da sperare nei parlamentari stessi: non si taglieranno mai una mano ora, ma possono limitare i danni per il futuro. Con questi costi, l’unico modo serio per avvicinarsi agli altri paesi è dimezzare i parlamentari da eleggere nella prossima legislatura. Sulla carta sono d’accordo sia Pd che Pdl, e hanno presentato proposte di legge costituzionale assai simili in materia. Con questa maggioranza attuale basterebbero 93-94 giorni per approvarle senza fiatare. E invece da settembre giacciono in Senato sotto una coltre polverosa. Abbiano un sussulto di dignità e di vera responsabilità: le prendano in mano come prima urgenza dalla prossima settimana. E le approvino entro fine maggio. di Franco Bechis