Vendola Arriva Nichi, Robin Hood al contrario: ruba ai pugliesi poveri per restare ricco lui
Il giorno prima del varo del decreto salva-Italia il Governatore della Puglia, Nichi Vendola, è uscito quasi trionfante dal vertice delle Regioni con il premier, Mario Monti. A sentire lui aveva sventato il taglio dei trasferimenti del Fondo sanitario nazionale alle Regioni, limitando assai i danni per la sua Puglia. Vero che nel decreto legge c’era un aumento dell’aliquota base dell’Irpef regionale dallo 0,90% all’1,23%, ma per i pugliesi questo avrebbe significato assai poco: proprio Vendola alla vigilia dell’estate aveva aumentato quell’aliquota per il 2011 portandola all’1,20%: la variazione avrebbe dovuto essere leggerissima (0,03%). Tanto che il suo assessore al Bilancio, Michele Pelillo, si è lasciato andare a dichiarazioni stampa rassicuranti: «Avendo già deciso gli aumenti, la Puglia lascerà inalterate le addizionali». I contribuenti devono avere sorriso e perfino applaudito, poverini. Non sapendo che il linguaggio dei politici deve sempre essere interpretato. Solo due settimane più tardi i pugliesi hanno scoperto l’amara verità: non solo la nuova aliquota base per loro non è dell’1,23%, essendo salita all’1,53%, ma la stangata è soprattutto sui redditi bassi ed è perfino più tenue su quelli medio-alti, per cui la nuova aliquota è dell’1,73%. Nel 2010 infatti la Puglia aveva due addizionali regionali Irpef: una dello 0,90% fino a 28 mila euro di reddito complessivo, e una dell’1,40% da quella cifra in su, senza distinzione fra redditi medio-bassi, medi, medio-alti, alti e super-alti. Secondo la divisione tradizionale in queste categorie per altro Vendola appartiene alla tranche dei redditi alti (circa 14 mila euro al mese), risparmiata dalla sua manovra. Nel giro di un solo anno infatti l’addizionale regionale pugliese è cresciuta del 70% sui redditi bassi e perfino su quelli inferiori ai mille euro lordi al mese. Per chi guadagna anche ventimila euro netti al mese invece la scure fiscale di Vendola è stata assai più comprensiva: l’aumento è stato del 23,6% rispetto al 2010. E certo l’idea che nella Regione del governatore rosso che più rosso non si può vengano presi a ceffoni i poverelli e trattati con i guanti i ricchi, fa una certa impressione. Tanto più che Vendola aveva tutti i poteri di legge per compensare le entrate diminuendo su redditi bassi e bassissimi (ad esempio fino ai 10-15 mila euro) l’aliquota base fino allo 0,73%, e diversificando le aliquote a seconda dei redditi (1,40 fra 15 e 28 mila e 1,73 come ha fatto da lì in su). Perché abbia fatto l’esatto opposto di quanto professato in centinaia di comizi, interviste e discorsi vari, Vendola l’ha fatto capire per la prima volta durante una delle ultime puntate della trasmissione Servizio pubblico di Michele Santoro: «Perché ho tassato anche i redditi al di sotto dei 15 mila euro? Perché sopra i 15 mila non si becca nulla». Verità un po’ disarmante, e a dire il vero anche ampiamente disarmata da quel che avviene in altre Regioni. I poveri sono trattati meglio di quanto non faccia Vendola in Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Liguria, Piemonte, Umbria, Veneto, Toscana, Sardegna, Basilicata, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle D’Aosta. Quasi dappertutto, quindi. di Franco Bechis