Pure i ricchi al banco dei pegni Lasciano Porsche e rolex

Andrea Tempestini

È il denaro liquido mancante, il punto. E adesso che i soldi non circolano con la stessa fluidità di prima, anche i ricchi ne risentono. Magari loro non piangono, però s’ingegnano per non dover rinunciare alla beata e collaudata esistenza ad alto tenore. Al punto di guadagnare pure in fase di crisi. Eccoli (allora) il banchiere che si è visto smaterializzare il bonus, l’imprenditore a corto di credito o il benestante momentaneamente in bolletta, mettersi in fila al banco dei pegni. Quello più blasonato di Londra, s’intende. Quartieri Fulham, Kensington, Chelsea: dove il pawnbroker, un tempo figura salvifica per sventurati che si giocavano ogni fortuna ai cavalli o alle carte, è ora un toccasana per ricchi sofferenti di liquidità e in cerca di un prestito. In cambio di cosa? Da scordare il gioiello di famiglia, gli orecchini della nonna o la collana della zia come pegno. Quella è roba di chi ha fatto almeno una capatina dall’usuraio di Soho.  A riempire i caveaux  del banco dei pegni britannico, piuttosto,  sono gli status symbol degli eccessi del capitalismo: collezioni d’arte e orologi, pregiati champagne, raccolte di francobolli rari, diamanti. Ferrari, non nel senso del vino, ma delle rosse di Maranello. E poi Mercedes, Porsche, Bmw,  serie di Rolex, Cartier.  I Tycoon che trovano asilo nel retrobottega un tempo ultima spiaggia per poveri o spiantati che avevano fatto il passo più lungo della gamba, oggi depositano (congelano) i loro pregiatissimi beni in cambio di liquidità (seppure a interessi altissimi) e in attesa di tempi migliori. Paul Aitken, pawnbroker specializzato in milionari a cui la ricchezza sorride meno di prima, dice che i suoi bunker sono stipati di collezioni d’arte e vini pregiati, auto di lusso, pietre rare e perfino serie di chitarre Fender: una di queste ha garantito al riccone che l’ha impegnata un milione di sterline. Entro la fine dell’anno, Paul Aitken prevede di ricevere la sua centomillesima richiesta di prestito: «Il volume dei clienti è più che raddoppiato e il valore dei prestiti triplicato», ha dichiarato al Times. «Il pawnbroker concede finanziamenti da mille a un milione di sterline con interessi stratosferici: da 39,1 per cento all’anno per i più alti a 68,8 per cento per quelli sotto le 10 mila sterline». E alla fine cosa succede? I preziosi beni vengono ceduti? Non sembra, sottolinea “l’uomo del banco dei pegni”: «La maggioranza dei prestiti ottenuti in questo modo vengono di solito ripagati in pieno nell’arco di quattro o cinque mesi e l’oggetto usato come collaterale torna al proprietario».  Tommaso Tagliente titolare di Laser Invest, fra le case d’asta più quotate in Italia, spiega che «impegnare un bene di grande pregio in una fase di crisi, durante la quale il bene stesso vale meno, può essere una strategia speculativa vincente. Ovvero s’impegna il prezioso al momento soggetto a svalutazione, per ottenere contante e acquistare così a basso costo un altro bene che in futuro acquisterà maggior valore. È comprensibile anche che i ricchi o i benestanti che in questa fase critica prestano i loro averi in cambio di denaro, lo facciano nell’attesa di tempi migliori, quando la crisi sarà passata e i beni stessi si potranno vendere con alto profitto». Insomma i ricchi difficilmente piangono e anche in tempi oscuri o di assenza di liquidità non solo continuano a vivere da nababbi, ma trovano anche il modo di fare affari con il monte della pietà. di Cristiana Lodi