Dà del "gaglioffo" a Berlusconi Giudice viene sanzionato

Nicoletta Orlandi Posti

Dare del 'gaglioffo' all'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e ai suoi ministri, anche senza nominarli, non rientra nel diritto di critica. Ecco perchè le Sezioni unite civili della Cassazione hanno convalidato la sanzione della censura nei confronti di Adriano Sansa, presidente del Tribunale  per i minorenni di Genova che, il 30 settembre del 2008, riferendosi a  Berlusconi e, in particolare, al ministro della Giustizia Angelino Alfano, si era rivolto loro con il termine 'gaglioffi'. Secondo la Suprema Corte, l'espressione, "intesa come sinonimo di cialtrone, imbroglione, manigoldo, avvezzo alla sopraffazione", è una "espressione offensiva dal contenuto inutilmente dileggiante". Pure contro Alfano - Adriano Sansa, come ricostruisce la sentenza 28813, nel corso di una riunione dell'Anm tenutasi a Genova nel settembre 2008, aveva fatto una serie di affermazioni polemiche sul governo Berlusconi sostenendo che era "indegno di affrontare il tema della giustizia,   indegno anche da un punto di vista tecnico, con un guardasigilli il cui unico merito è quello di essere un fedelissimo di Berlusconi".  Nel corso del suo intervento, il presidente del Tribunale aveva detto ancora: "dobbiamo già pensare a preparare l'altra riforma, quella che, andati via certi 'gaglioffi',   ripristinerà la giustizia". Le critiche rivolte al Capo del governo e  al ministro della giustizia erano state classificate tra le "legittime  espressioni del diritto di critica" fuorchè l'espressione 'gaglioffì  che era costata a Sansa la sanzione disciplinare della censura, inflitta il 20 maggio scorso dal Csm. Un termine arcaico - La difesa del magistrato si è rivolta alla Cassazione, sostenendo che il termine incriminato era ormai una espressione "inconsueta" e "arcaica" che avrebbe perso il significato negativo. Piazza Cavour ha bocciato la tesi difensiva e ha evidenziato che   "l'utilizzazione del termine 'gaglioffo' è stata del tutto gratuita e  non necessitata nel contesto della pur serrata critica rivolta al presidente del Consiglio e al ministro nella materia delle riforme sul  tema della giustizia, non aggiungendo nulla alle argomentazioni   dispiegate, se non, tenuto conto del significato della espressione e della sua portata, un contenuto inutilmente dileggiante".