Ora ribelliamoci alla Merkel: paghiamo i suoi titoli tossici

Andrea Tempestini

Due domande per Angela Merkel. La prima, facile facile: quanti istituti di credito  ha dovuto nazionalizzare la Germania dall’esplosione della Grande crisi del 2007? La risposta la sa di sicuro: quattro. E la Commerzbank, la seconda banca tedesca, per il 25% già in mano pubblica, potrebbe essere la quinta. Il secondo quesito riguarda l’Italia: quanti istituti  ha nazionalizzato il Belpaese nello stesso periodo? Suggeriamo noi: zero spaccato. Eppure la cancelliera, dall’alto del suo Pil, non fa altro che dispensare consigli su come vanno gestiti gli istituti di credito. Anche se i suoi li ha salvati attraverso la creazione di “bad bank” dove infilare i titoli ad altissimo rischio o intervenendo direttamente con denaro pubblico. Mentre le banche tedesche si abbuffavano dei titoli tossici messi in circolo dai geni della finanza statunitensi, le nostre crescevano meno però con fondamenta ben più solide. Ma l’inciucio di qualche mese fa tra Francia e Germania con l’Eba, l’autorità bancaria europea, ha costretto i nostri istituti, da Unicredit in giù, a prevedere una ricapitalizzazione da capogiro. Berlino sta facendo pagare agli ignari tedeschi il conto della mala gestione sviandoli invece sulla “zavorra italiana”. E per loro non è finita qui. La Merkel infatti si è fatta approvare dal suo governo il rifinanziamento del fondo  speciale in mano al Soffin, l’autorità di soccorso al settore bancario creata dal governo. La cancelliera ha già in tasca una legge, approvata nel 2009, che autorizza i pubblici poteri a nazionalizzare gli istituti di credito e in casi estremi a espropriare i loro azionisti: di fatto si sta preparando per Commerzbank.  In totale, il conto della pessima gestione delle banche tedesche fatto sulla testa dei cittadini, potrebbe toccare i 400 miliardi di euro (quanto il fondo salva-banche tedesco può elargire). Cosa avrà mai da insegnarci la Merkel? Forse come si fa a taroccare i conti dello Stato, visto che da oltre un decennio è riuscita a non inserire nel computo del debito pubblico la garanzia statale sulla locale Cassa depositi. Un capolavoro. Nonostante questi trucchi il bilancio pubblico tedesco è messo peggio del nostro, almeno in termini relativi, nonostante entrambi siano visti il prossimo anno in avanzo primario. La differenza tra le entrate e le uscite, tolti gli interessi sul debito, è prevista all’1,4% per la Germania, a oltre il 2% per l’Italia.  Purtroppo in Italia pesa l’enorme debito pubblico e gli interessi che lo Stato è costretto a pagare, sempre più pesanti, proprio per l’irrigidimento tedesco sui metodi di finanziamento alternativi, come gli eurobond. Un grazie ad Angela. di Antonio Spampinato