Monti insulta la politica: paralizzati
Di una tassa, seppur mascherata, è addirittura fiero: la patrimoniale. Di un’altra, la Tobin tax sulle transazioni finanziarie, auspica una rapida introduzione in discontinuità con il suo predecessore Berlusconi. Ed entro marzo potrebbe arrivare un contributo di cento euro a carico dei cittadini per ridurre del 20% il debito pubblico. Obiettivo: portarlo al 100% del Pil. Mario Monti non si smentisce. Oggi pone la fiducia sulla manovra. E prosegue, con orgoglio, lungo la strada della stangata. «Abbiamo introdotto l’imposta patrimoniale possibile e fattibile, cosa alla qualche finora nessun altro si era avvicinato», ha rivendicato martedì sera il premier. Un intervento, «equo e razionale», frutto dell’«insieme delle misure» approvate dal suo governo. Misure grazie alle quali l’Italia ha «maggiore credibilità». Ieri, a Palazzo Madama nel corso dell’informativa sull’ultimo Consiglio europeo, il bis con l’annuncio di aver superato il tabù della Tobin tax: «L’Italia è disposta a cambiare la posizione tenuta dal precedente governo». Il tutto condito, fin dalla sua audizione a Montecitorio, dal recupero dei toni professorali replicando stizzito alle obiezioni di chi lo accusava di aver varato una manovra tutt’altro che rivoluzionaria. «Non occorrevano professori, è verissimo. Ma perché non le avete fatte voi, queste cose?». Domanda alla quale lui stesso ha dato risposta: «Perché il sistema politico, un po’ incartato in un bipolarismo ad alta concentrazione di conflitto». «Eravate paralizzati, sennò non saremmo arrivati noi, non ci avreste chiamato». Una “lezione” da cattedratico alla quale Monti ha unito più di qualche frecciata al governo Berlusconi. La più visibile, in sede di replica davanti alle commissioni. Oggetto: la perdita di sovranità dell’Italia. Un po’ è avvenuto «deliberatamente, come gli altri Paesi Ue», ha spiegato il premier. Ma l’Italia, «in più, ha perso involontariamente qualche quota di troppo perchè si è messa in posizione di debolezza rispetto agli altri Paesi». Ed ecco l’affondo: «Non sarei stato lieto, se fossi stato membro del governo italiano, di ricevere, e forse di avere invocato, una lettera firmata da banchieri centrali dell’Europa». Chiara l’accusa a Berlusconi di essere stato lui stesso a sollecitare la missiva della Bce con le misure anti-crisi chieste all’Italia. E ieri, in un’Aula semideserta chiamata ad ascoltare la sua informativa sul vertice Ue, la presa di distanza dal governo Berlusconi si è accentuata. Incalzato dalle contestazioni della Lega, con i senatori muniti di cartelli con la scritta “basta tasse”, Monti non si è tirato indietro. «Uno dei modi per arrivare non dico al “basta tasse”, che è impossibile, ma almeno al “meno tasse” per le famiglie e le imprese, è quello di avere una fiscalità estesa anche al mondo della finanza, con la possibilità di tassare le grandi operazioni finanziarie». Quindi l’annuncio: «Ho notificato in sede europea che l’Italia è disposta a cambiare la posizione tenuta dal precedente governo contro la “Tobin tax”». Senza smettere di sentirsi in cattedra. «Scusatemi se valorizzo il Parlamento...», ha replicato alle interruzioni subite mentre parlava degli Eurobond sui quali il «precedente governo tanto si è espresso in sede europea». Venerdì sulla manovra, dopo il voto di fiducia di domani, alla Camera ci sarà il voto finale. di Tommaso Montesano