Ultima follia della stampa british Non si può dire "omosessuale"
Eccessi di perbenismo verabale - o di birra, chissà - tra le prestigiose stanze della redazione del quotidiano british The Guardian, un giornale che vende 350mila copie ogni giorno, che si fefinisce "l'unico quotidiano britannico a diffusione nazionale privo di un proprietario e indipendente rispetto ai partiti politici" ma che, di fatto, è considerato il quotidiano di riferimento del partito laburista del Regno Unito. L'occasione per sfornare una tesi un po' sconcertante è la National Anti-Bullying Week, la settimana nazionale contro il bullismo: quest'anno il tema della sette-giorni è "Fermati e pensa: le parole possono far male". E così il Guardian, nel blog del responsabile della sezione stile e moda, Gary Nunn, lancia la sua personale campagna: "Basta con la parola omosessuale, è offensiva e discriminatoria". "Meglio gente gay" - Lascia piuttosto perplessi ascoltare un'argomentazione secondo la quale il termine più 'urbano', un vocabolo che trova pieno diritto di cittadinanza nei vocabolari di quasi tutte le culture, sarebbe discriminatorio per la comunità omosessuale. Le motivazioni? La parola omosessuale è "de-umanizzante e fredda in egual misura. Il giornalismo deve essere neutrale. Per essere chiaro - puntualizza Nunn - non chiedo né saccarina né calda superficialità per rimpiazzare la freddezza - non chiedo che si dica: 'questi favolosi, meravigliosi ragazzi -, ma preferisco l'espressione totalmente neutrale 'gente gay'". Secondo l'autore del blog il bagaglio discriminatorio della parola omosessuale deriva anche dal fatto che sia stata scelta nel mondo medico per descrivere l'omosessualità come una malattia mentale. La soluzione? Rimuovere dal giornalismo la parola omosessuale e cambiarla con quella "gay", che a differenza della prima non sarebbe offensiva.