Formigli e Santoro sono fissati: Non spari sul Cav? Sei finito
Televisione del dolore allo stato puro, la tragedia sbattuta in prima serata. Ieri è andato in onda il dramma dei telemartiri, privati dell’unica fonte di ispirazione, la sola ragione di vita e di successo: Berlusconi. Si è dimesso sabato, cioè quasi da una settimana, ma Michele Santoro e Corrado Formigli non hanno potuto fare a meno di parlare ossessivamente di lui, eterno spauracchio, nemico di ieri e di sempre. Negli ultimi sette giorni è accaduto di tutto: si è insediato l’esecutivo tecnico di Mario Monti; è stata resa nota la lista dei ministri, gente celebre di cui si potrebbe discutere per ore e ore. Invece niente, per San Michele e il suo discepolo emigrato su La7 esisteva solo il Sultano di Arcore. Servizio Pubblico, per una smisurata fetta della trasmissione, non ha discusso di altro. Santoro ha iniziato il suo comizio parlando di Monti, ma solo per rispondere a Francesco Merlo, il quale ieri su Repubblica, con una punticina di speranza e un po’ di sicumera, ha sostenuto che gli illustri colleghi giornalisti, una volta finita l’era della videocrazia berlusconiana «potrebbero dunque farci vedere magari solo per un po’, quei bei programmi che certamente sanno fare e che tante volte ci hanno promesso». Tiè, servito il Merlo: Michele ha mandato in onda, in attacco di puntata, sequenze incessanti di immagini delle manifestazioni contro il premier uscente che si avviava al Quirinale per rimettere l’incarico. Materiale, visti i tempi, più adatto a un documentario che a un programma di attualità. Sembrava che la congrega santoresca non si fosse resa conto della nuova situazione politica, e in ogni caso non volesse rassegnarsi. Il Gran Visir dei telemartiri non va più in onda sulla Rai, dunque non può più gridare alla persecuzione da parte del centrodestra. Finché Silvio rimaneva al governo, tuttavia, lo si poteva assaltare. Adesso che si è dimesso, però, la carne al fuoco manca. Non resta che dedicarsi al passato, nominare il Cavaliere in continuazione, alimentare la divorante fissazione patologica sulla sua persona. Se l’antiberlusconismo di Michele è un caso clinico, quello di Formigli è appena meno grave. A Piazzapulita, saltuariamente, è riuscito anche a mettere sul piatto l’attualità. Ma prima di entrare sui fatti di queste ore ha propinato minuti e minuti delle solite scene: le manifestazioni in stile hotel Raphael di cui sopra. Roba giornalisticamente preistorica, considerando che sull’attuale esecutivo si potrebbero realizzare lungometraggi. C’è di buono che Corrado, dopo un po’, è riuscito a sganciarsi, sarà perché è più giovane e ancora non ha raggiunto lo stato terminale del Santorismo infettivo. San Michele, invece, non ce la faceva proprio a schiodarsi. Appena abbiamo cambiato canale, ecco apparire una ragazzetta indignata proveniente da un centro sociale milanese (il Cantiere), come si evinceva dalla dizione e dalla padronanza della grammatica. Contro chi berciava costei? Contro i banchieri al potere? Macché. Contro Silvio. «I soldi di Berlusconi devono andare a chi non ha il lavoro», gridava, «le sue ville agli sfrattati». Infine, l’apoteosi linciatoria: «Non accettiamo di vedere Berlusconi continuare a godersi le sue ricchezze incolume». Non accettano di vederlo, ma senza di lui sono persi. Finito il comizio dell’invasata, largo a Marco Travaglio (nel frattempo Formigli si occupava ancora della «strategia berlusconiana»). Telespalla Marco ha affrontato un argomento di stretta attualità: la Gelmini e la gaffe sui neutrini. Prima che si dedicasse a Corrado Passera sono dovute giungere le 22. E il suo discorso, anche in quel caso, è iniziato dal conflitto d’interessi di Berlusconi. L’unica novità che Santoro&C. hanno sfornato ieri è stata l’ennesima scusa per far le vittime. Michele ha detto che contro di lui c’è un «boicottaggio», poiché alcuni ripetitori dell’emittente trentina RTTR, che assieme ad altre lo manda in onda a livello locale, sono stati manomessi: «È una cosa gravissima», ha detto, ricordando che la settimana scorsa erano state rubate due antenne di Telelombardia. Chissà, forse pensa che a sottrarle sia stato Silvio, nottetempo, tanto per fargli sentire che gli è vicino, che non lo ha dimenticato, che il loro legame è indissolubile. Dopotutto, un martire è per sempre. di Francesco Borgonovo