Fate attenzione alla Lega Nord: diventa il partito più potente

Andrea Tempestini

Il precedente l’ha creato Gianfranco Fini, quando con  le unghie e con i denti ha difeso la poltrona sua e dei suoi fedelissimi pure essendo passato dalla maggioranza all’opposizione. E ora proprio il metodo Fini rischia di essere la sola iniziale pietra di inciampo del governo di Mario Monti, che sulla carta parte con la maggioranza parlamentare più larga mai avuta nella storia repubblicana. Di fatto avrà un solo gruppo parlamentare sia alla Camera che al Senato all’opposizione: la Lega Nord di Umberto Bossi. Come accadde a Futuro e Libertà, essendo stata la Lega in maggioranza fino all’altro giorno, conta ancora in Parlamento poltrone di primissimo piano. Guida quattro commissioni permanenti alla Camera e una commissione permanente e una speciale al Senato. Ora chiede pure la guida delle commissioni di controllo e di inchiesta, che per prassi istituzionale spettano all’opposizione (anche se non per tutte questo è avvenuto: l’antimafia è guidata ad esempio dal senatore Pdl Beppe Pisanu). Ma non ha alcuna intenzione di mollare le poltrone che ha, proprio invocando il precedente di Fini. Un anno fa oltre al presidente della Camera che si è tenuto aggrappato alla poltrona come un ramo d’edera, non si dimisero pur  essendo passati all’opposizione né il presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, né il presidente della commissione Finanze del Senato, Mario Baldassarri. E se quest’ultimo ha mantenuto l’incarico con equilibrio e non come capo dell’opposizione al comando, altrettanto non può dirsi della presidenza Bongiorno. Nella sua commissione di fatto non è più passato un comma di legge che lei non condividesse, e la maggioranza si è rassegnata ad avere le mani legate. Il rischio della Lega di governo passata in magnifica solitudine all’opposizione ora è perfino più alto. Perché il Carroccio alla Camera guida commissioni chiave: quella Esteri con Stefano Stefani, quella Bilancio con Giancarlo Giorgetti, quella Attività produttive con Manuela dal Lago e quella Lavori pubblici e infrastrutture con Angelo Alessandri. Al Senato invece è guidata dalla Lega Nord la commissione per le politiche europee con Rossana Boldi e la commissione speciale di controllo sui prezzi con Sergio Divina. Mettendo tutte insieme le presidenze, questo significa che proprio i due ministri più rilevanti del nuovo governo, quello dell’Economia guidato dallo stesso Monti, e il superministero dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti affidato a Corrado Passera, dovranno vedersela con il Carroccio. È  vero che in tutte quelle commissioni il governo potrà contare come avviene in aula su una maggioranza granitica, e non sarà a rischio sgambetti come nel passato. Però la presidenza della commissione contraria non è ostacolo indifferente. Perché il presidente ha due poteri fondamentali: stabilire i tempi di esame delle leggi all’interno di un calendario stabilito dall’ufficio di presidenza e soprattutto nominare il relatore di ciascun provvedimento. Nel primo caso può allungare e di parecchio il parto atteso dall’esecutivo. E l’unico modo di evitare il filibustering sarebbe quello di procedere esclusivamente con la decretazione di urgenza, per cui sarebbe l’aula a dettare comunque i tempi. Ma sulla nomina del relatore ci sarebbe ben poco da fare. Per mettere in difficoltà il governo il presidente leghista della commissione ha la possibilità di nominare se stesso, o qualche suo collega di partito che sta all’opposizione. Oppure scegliere di nominare un esponente di maggioranza non in grado per preparazione di affrontare i dettagli tecnici del provvedimento. Siccome una delle commissioni in questione è quella Bilancio, il rischio diventa altissimo, perché praticamente tutti i decreti e i disegni di legge debbono per forza passare di lì. E se Monti non trova una soluzione politica preventiva con la Lega, rischia davvero di restare imbrigliato nelle trappole che si possono disseminare in Parlamento. di Fosca Bincher