La Santanchè diventa buona: spread non vale la democrazia

Lucia Esposito

«Il dato negativo di Borsa e spread dimostra che la colpa non era di Silvio Berlusconi e che per la crisi non esiste una soluzione semplice. Nel Popolo della libertà, quindi, nessuno può avere la presunzione di avere la ricetta giusta». Daniela Santanchè, sottosegretario uscente al ministero dell’Attuazione del programma, nel governo Berlusconi è stata tra i primi a dire no all’esecutivo tecnico di Mario Monti. «E non ho cambiato idea», dice nel primo giorno da premier incaricato del professore bocconiano. Per lei, infatti, la strada maestra resta quella delle elezioni: «Al massimo entro giugno bisogna andare a votare». Però è stato lo stesso Silvio Berlusconi a dare il via libera al nuovo governo. «Sì, ma per un esecutivo esclusivamente finalizzato a mettere in pratica i provvedimenti contenuti nella lettera all’Ue. Con un programma ben definito, realizzato il quale si torna alle urne. Non voglio rinunciare alla democrazia a causa dello spread». In queste ore si discute molto della composizione del governo Monti: solo tecnico o anche con esponenti politici? «L’esecutivo deve essere formato solo da tecnici. Anche per quanto riguarda i sottosegretari. Non possiamo permetterci di perdere il rapporto con la Lega». Teme che a causa della futura collocazione all’opposizione del Carroccio sia a rischio la tenuta del centrodestra? «Se il Pdl si limiterà a dire sì a Monti per il tempo strettamente necessario ad adottare le misure dell’agenda europea, e se il nuovo governo sarà totalmente tecnico, l’alleanza non correrà rischi. I rischi ci sarebbero, invece, se l’esecutivo fosse politico. Non vogliamo che il centrosinistra, senza aver vinto le elezioni e quindi senza legittimazione popolare, ottenga incarichi ministeriali». Se lei fosse parlamentare, la fiducia al governo Monti la voterebbe? «No, non la voterei. Lo farei solo se avessi garanzie sulla composizione tecnica della squadra e sulla sua durata limitata. A scatola chiusa non compro nulla». Su questo, nel Pdl, non la pensano tutti così. «Io rispetto le idee di tutti, ma mi aspetto che gli altri facciano altrettanto con me: nessuno ha la ricetta magica per uscire dalla crisi. Il Pdl supererà questa fase solo se, al di là della pluralità delle sue voci, giocherà da squadra. Con un occhio ai nostri tredici milioni e mezzo di elettori, tra i quali sono in tanti a pensarla come me». A proposito di elettori, è vero che il Pdl sta pensando ad una grande manifestazione per portarli in piazza? «È più di un’idea. Tra i nostri sostenitori c’è voglia di partecipazione». Magari per tirare su il morale al Cav... «Il vincitore non è colui che vince sempre, ma colui che non è mai vinto. E Berlusconi in questo Paese non è mai stato vinto. Per questo sono sicura che farà politica più di prima. Come leader della coalizione. A ritirarsi non ci pensa proprio». di Tommaso Montesano