Tremonti s'è giocato il futuro
Forse passerà alla storia come l’ultima Tremontata. Come lo sgarbo prima che il governo dica bye bye. In linea con gli spigoli caratteriali che hanno contraddistinto da tre lustri a questa parte Giulio Tremonti, con un acuirsi di angoli proporzionale alla cavalcata degli spread, l’economista di Sondrio ha girato a Brunetta (lo stesso che in un fuori onda aveva definito «un cretino che non capisce niente») con 4 giorni di ritardo e solo 12 ore prima degli incontri ufficiali la lettera dettagliata dell’Unione Europea contente tutti i quesiti che sarebbero stati posti durante la visita ufficiale degli emissari di Bruxelles accompagnati da quelli del Fmi. Dopo aver incontrato la mezza troika (Ue e Fmi) destinata all’Italia il ministro alla pubblica amministrazione dice che tutto è andato bene ma prende carta e penna e scrive a Berlusconi: «La cosa più grave è che la documentazione e i quesiti sottoposti dall’Europa all’Italia e, per competenza, a questo Ministero, pur essendo stati inviati al Ministero dell’economia il giorno 4 novembre, ci sono stati trasmessi solo ieri sera 8 novembre alle ore 20.47, per un incontro che si sarebbe svolto oggi alle 9». Una dimenticanza direbbero i meno maligni, la stessa che di fatto ha spinto il ministro dell’Economia a omettere in sede europea numerosi interventi di risanamento già approvati dall’Italia tanto che in questi giorni ce ne chiedono conti e parallelamente. E forse per poter apertamente dire a Berlusconi: il problema dei mercati sei tu, vattene. Senza però rendersi conto che il posto l’ha perso lui, Giulio: non avrà più la poltrona nel governo che ha contribuito a danneggiare, ma probabilmente non siederà in nessun esecutivo tecnico. Figuriamoci se, dopo le eventuali elezioni, qualcuno lo richiamerà in via XX Settembre. Di fatto la crisi l’ha resto disoccupato. Che peccato, però. L’amicizia tra gli italiani e il super ragioniere era partita bene e cresciuta ancor meglio. La sua linea dura è stata fondamentale per i bilanci del 2008, 2009 e pure del 2010. Quegli spigoli caratteriali che ora lo rendono di fatto un esiliato in casa negli anni scorsi sono serviti a tenere a bada il classico temperamento latino dei politici italiani e hanno riportato il deficit/Pil addirittura sotto le stime. A una soglia che se oggi non fossero saltati tutti i parametri, Francia e Inghilterra ci invidierebbero. Eppure, come spesso succede, alla storia passeranno gli ultimi mesi; le ultime uscite. Quelle successive alla vicenda Marco Milanese, l’ex braccio destro cui Tremonti pagava in cash l’affitto di casa, ora accusato di una serie di reati legati all’uso del potere. Fuori e dentro la Guardia di Finanza che lo ha visto con la divisa di capitano. Forse Giulio pagherà anche l’arroganza, politica si intende, che lo ha sempre spinto a non prendere la tessera del Popolo della Libertà e farsi sostenere dalla Lega senza mai dirsi leghista. Col risultato che potrebbe trovarsi fuori da qualunque prossimo governo. L’arroganza filosofica che lo ha reso un tecnico prestato alla politica che si scopre poi a dover fare politica per sostenere le proprie manovre dagli assalti tecnici dei mercati. Gli stessi da cui spesso ha pensato di essere immune. La City per molto tempo lo ha amato e le istituzioni internazionali con le quali non si è mai allineato lo portavano contemporaneamente a debita distanza e sul palmo della mano. L’inchiesta giudiziaria attorno a Milanese poi sembra avergli fatto perdere lucidità e le cose, come tutti sanno, sono rotolate. Al redde rationem si contano gli sforzi finiti male. Un decreto anti-scalate che - ironia della sorte - ha avuto come esito ben due Opa straniere: quelle su Parmalat e su Edison. Un gran lavorio per creare la Banca del Sud e il dicastero del Tesoro pochi giorni fa ha dovuto ammettere nel primo rendiconto sulle Fondazioni che i soldi sono troppo sbilanciati a Nord. Soprattutto a Nordest. Anche della mirabolante idea di fare di Milano una free zone, venduta come di facile realizzazione nella sede di Borsa Italiana, resterà solo l’inutile speranza. Di fronte al correre della speculazione Tremonti è rimasto ostinato nelle proprie idee. Non ha accettato di cambiare passo. Le riforme a costo zero sono fuffa cui non crede nessuno. Soprattutto i mercati. Così per tirare su denaro, le ultime Finanziarie si sono pericolosamente tinte di tasse. Nuove imposte su un Paese afflitto di Fisco. Tremonti non ha voluto comprendere che la gente non va punita. E guardata dall’alto in basso. Semmai ispirata. Ma Tremonti si è posto super partes (senza che nessuno lo chiedesse) per poi cadere in vicende di intrighi e nomine attorno a Finmeccanica, finite sui tavoli delle procure e che (come riportano Corriere e Repubblica) sono in continua evoluzione. I vertici della quarta azienda al mondo del settore della difesa vedevano nel Ministro il nemico da cui difendersi. Vero o falso non succede a uno super partes. Così alla fine gli argini quando si rompono lasciano passare pure le domande più scomode. Perché per anni Tremonti non ha voluto nemmeno trattare con la Svizzera (e pure con San Marino) in nome di San Fisco quando pagava in contante l’affitto a Milanese «perché un amico»?. E la tracciabilità che fine ha fatto? Vale solo per le Partite Iva? Quelle che hanno votato e sostenuto il Pdl. Sono scivoloni che la gente non perdona. di Claudio Antonelli